How to f**k the white monkey for fun & profit 101: case study #5 (pt.1)

Per questa puntata ero quasi tentato di cambiare il nome del protagonista… povero Brambi, mi sembrava di averlo già tartassato abbastanza.
Quasi me lo immagino, me lo vedo davanti agli occhi: decisamente sovrappeso per non dire grassoccio, con un bel faccione bianco e rosso, stretto in un completo grigio chiaro di una misura troppo piccolo per lui.
Un po’ pelato, ma si fa il riportino; ha sempre con sé un fazzoletto perché suda in abbondanza anche d’inverno.
Ma non facciamoci prendere dai sentimentalismi, via, un’altra puntata sul nostro Brambillone nazionale!
È venuta un po’ lunga per cui la pubblicherò in due parti.
Comunque, il nostro eroe dopo averne prese un sacco e una sporta da Mr W. e Mr. Y. (vedi puntate 1, 2, 3 e 4 ) non se l’era presa poi troppo male; anzi se ne era fatta una ragione, si sa, gli affari sono affari, mica sempre va bene.
Il problema sono i suoi amici milionari, quelli che in Cina si sono arricchiti con le produzioni a basso costo e ora lo prendono in giro dovunque osi mostrare il suo rubicondo volto.
<voce da imbruttito> “Alura Brambilla, come va coi cinesini? Stai vendendo?” (pacca sulla spalla) </imbruttito>
Brambilla non ce la fa più. Non è possibile che tutti intorno a lui stiano nuotando nei soldi cinesi e lui invece abbia preso solo batoste.
Dopo lunghe elucubrazioni una soluzione si profila all’orizzonte. Nella sua mente ormai lo striscione del mercato più grande del mondo si è purtroppo miseramente afflosciato, sostituito però da uno ben più sgargiante e promettente: “ANDARE A PRODURRE IN CINA”!
Ora devo aspettare un attimo che si calmino le omeriche risate suscitate da questa frase, che andava così di moda qualche anno fa,
Il Brambilla non è mica l’ultimo arrivato, mica pretende di andare in Cina a mettere su una fabbrichetta.
Lo sa persino lui che ormai di trippa per gatti non ce n’è più… non sono più gli anni ’90 quando i canti delle snelle sirene cinesi dagli occhi a mandorla attiravano investimenti da tutte le parti del mondo, capannoni e siti produttivi spuntavano come funghi per sfruttare la monodopera locale a basso costo.
Piuttosto, ecco la scaltra alternativa: trovare una fabbrica cinese già avviata, e far loro produrre OEM il marchio COBRAM.
Ma è l’uovo di Colombo! Brambilla si tira i radi capelli: come non averci pensato prima?
Con tutte le fabbriche che ci sono in Cina, così golose di ordini dall’estero, così trepidanti nell’attesa di servire clienti occidentali!
Si prenoti immantinente un biglietto areo per la Cina!
La solerte segretaria non fa nemmeno in tempo a finire la prenotazione che il Brambilla già si precipita in aeroporto.
Inizia così la lunga trafila per trovare un fornitore in Cina: viaggi in lungo e in largo per le visite alle fabbriche, interminabili cene condite da innumerevoli brindisi con il famigerato 白酒 (báijiǔ) “baijiu”(*), e poi campioni da valutare, parametri da decidere, condizioni da specificare… non si finisce più.
Persino il Brambila ad un certo punto arriva al punto di non poterne proprio più; sta per gettare la spugna: quello che sembrava l’Eldorado si sta invece rivelando una insopportabile ordalia.
Ed ecco che ad un tratto succede il miracolo: si trova una fabbrica di tutto rispetto, sia pure sperduta in mezzo al nulla, che si dichiara entusiasta di produrre le carabattole COBRAM, e anche ad un prezzo stracciato!
Tanto stracciato da esser incredibile, come faranno a starci dentro?
Eppure i campioni inviati sono ineccepibili, i contratti parlano chiaro… Si proceda!
Presto le cupe nuvole della disperazione sono fugate dall’atmosfera degli uffici COBRAM, per essere sostituite da ottimistiche esternazioni: “Gliela facciamo vedere noi a quei tromboni dell’associazione industriali, ah!”, “Il Brambilla è arrivato in Cina”, ah! e via dicendo.
Con il passare delle settimane e dei mesi la situazione migliora a passi da gigante.
Finiti i tempi cupi dei profitti risicati al centesimo, era da anni che non si vedevano numeri del genere in fondo ai bilanci.
Persino i dipendenti sono passati dal tradizionale italico disincanto nei confronti dell’azienda ad un moderato ottimismo, addirittura i responsabili del “progetto Cina” sono soggetti a bonarie battute tipo “A te sì che va tutto bene” che sottintendono però la pronfonda invidia di chi non ne fa parte.
Il Bramb è al settimo cielo. Oramai è entrato nell’olimpo degli industriali, non lo ferma più nessuno.
Chi prima lo prendeva in giro ora lo approccia con le orecchie basse e gli fa i complimenti.
Diciamocelo: il Brambilla sta per scoppiare dalla felicità.
E come tutti, ma proprio tutti, nessuno escluso, il Brambilla non si accontenta.
D’altra parte dopo tante fatiche e tante perdite, una volta trovata la miniera d’oro perché non sfruttarla appieno?
Perché continuare a mantenere costosi dipendenti scansafatiche, complicati e fragili macchinari, perché continuare a pagare l’affitto di ormai vuoti capannoni quando conviene così tanto produrre in Cina?
Perché non trasferire tutta la produzione in Cina?
Arrivederci alla prossima puntata per l’inevitable catastrofe che sta per abbattersi sulla COBRAM.

Note:
(*) praticamente petrolio

Novella 26

他还有一个电匣子, 据说是花了大价钱从一个山外人手里买来,为的是学些新词儿,编些新曲儿。

Aveva anche una radiolina, che si diceva essere stata acquistata a caro prezzo da qualcuno che veniva da oltre le montagne; la usava per imparare nuove strofe e nuove melodie.

  • 电匣 (diàn xiá) “radiolina”

其实山里人倒太在乎他说什么唱什么。

In effetti la gente sulle montagne teneva fin troppo in considerazione quello che lui diceva o cantava.

  • 倒太在乎 (dào tài zài hū) “preoccuparsi troppo”

人人都称赞他那三弦子弹得讲究,轻轻漫漫的,飘飘洒洒的,疯颠狂放的,那里头有天上的日月,有地上的生灵。

Tutti lodavano le squisite melodie che traeva dal suo violino, delicate e soavi, fluttuanti, pazze e selvagge, evocanti il sole e la luna nel cielo, e le creature sulla terra.

  • 称赞 (chēng zàn) “lode, elogio”
  • 讲究 (jiǎng jiu) “prestare attenzione ai dettagli, esigente”
  • 轻轻漫漫 (qīng qīng màn màn) “leggere, rilassato”
  • 飘飘洒洒 (piāo piāo sǎ sǎ) “alla deriva, leggero e libero”
  • 疯颠狂放 (fēng diān kuáng fàng) “selvaggio e sfrenato”
  • 生灵 (shēng líng) “esseri viventi”

老瞎子的嗓子能学出世上所有的声音。

Era come se la voce del vecchio cieco contenesse tutti i suoni del mondo.

  • 嗓子 (sǎng zi) “gola, voce”

男人、女人、刮风下雨、兽啼禽鸣。

Uomini, donne, vento e pioggia, e i versi delle bestie.

  • 兽啼禽鸣 (shòu tí qín míng) “urli di bestie e cinguettii di uccelli, rumore della natura”

不知道他脑子里能呈现出什么景象,他一落生就瞎了眼睛,从没过这个世界。

Non si poteva sapere quali visioni passassero nella sua mente; cieco dalla nascita, non aveva mai vissuto nel mondo reale.

  • 呈现 (chéng xiàn) “mostrare, presentare, esporre”
  • 景象 (jǐng xiàng) “panorama, vista, scena”

小瞎子可以算见过世界,但只有三年,那时还不懂事。

Si sarebbe potuto dire che il piccolo cieco aveva visto il mondo, ma solo per una durata di tre anni, quando non capiva ancora niente.

他对说书和弹琴并无多少兴趣,父亲把他送来的时候费尽了唇舌,好说歹说连哄带骗,最后不如说是那个电匣子把他留住。

Egli non nutriva troppo interesse nelle storie e nel violino; quando suo padre l’aveva avviato alla professione di cantastorie aveva dovuto usare ogni argomento possibile per convincerlo, e alla fine l’unica cosa che lo aveva trattenuto era stata la radiolina.

  • 兴趣 (xìng qù) “interesse, hobby, passione”
  • 费尽了唇舌 (fèi jìn le chún shé) “usare ogni argomento, fare sforzi smisurati”
  • 好说歹说 (hǎo shuō dǎi shuō) “fare pressione, persuadere con ogni mezzo”
  • 连哄带骗 (lián hōng dài piàn) “imbrogliare, ingannare”

他抱着电匣子听得入神,甚至发觉父亲以时候离去。

Teneva la radiolina all’orecchio come fosse un oracolo, a malapena si accorse che suo padre lo stava abbandonando.

  • 听得入神 (tīng de rù shén) – “ascoltare così attentamente da essere rapiti”
  • 甚至 (shènzhì) – “persino, addirittura”

recinto

Ecco un famoso 成语 (chéngyǔ):


亡羊补牢 (wáng yáng bǔ láo)

  • 亡 (wáng) “morte, perdita, sparire”: 灭亡 (miè wáng)”estinguere” come in 恐龙灭亡 (kǒng lóng miè wáng) “l’estinzione dei dinosauri”
  • 羊 (yáng) “pecora, ovino”; infatti 山羊 (shānyáng) è “capra”
  • 补 (bǔ) “riparare, correggere”: 补偿 (bǔcháng) “compensare, risarcire”; 补丁 (bǔdīng) “pezza, toppa”; 补充 (bǔchōng) “integrare, completare”
  • 牢 (láo) “prigione, recinto”: 坐牢 (zuò láo)”imprigionato”

Letteralmente significa “Riparare il recinto dopo che la pecora è scappata.”

Il bello di questa frasetta è che si può usare in più modi:

  1. Esortativo tipo “Non è mai troppo tardi per correre ai ripari (in seguito ad un problema)”: 没事了,可以亡羊补牢 (Méishìle, kěyǐ wángyángbǔláo)
  2. Derogatorio: “Ueh pirla, è inutile che ti affanni adesso che è troppo tardi”: 你怎么笨,就是亡羊补牢 (Nǐ zěnme bèn, jiùshì wángyángbǔláo)
  3. Preventivo, nei suggerimenti: “Meglio che facciamo qualcosa adesso prima che sia troppo tardi”: 不要亡羊补牢 (Bùyào wángyángbǔláo)

Esistono versioni diverse riguardo alle origin di questo motto.

Secondo alcuni questa perla viene dal 列子 (Lièzǐ) “Liezi”, un libro scritto da 列御寇 (Liè yù kòu) “Lie Yukou” nel periodo dei Warring States (战国时期 Zhànguó shíqí , 475-221 A.C.), un tempo di eroi e gesta leggendarie, grande sviluppo letterario e pecore molto intraprendenti.

Nel libro è raccontata la storia di un pastore che appunto trascura di riparare un buco nel recinto delle pecore, quindi una di queste scappa, dopodiché lui ripara il recinto.

Praticamente è come una una favola di Esopo, ma in un libro che in realtà è un trattato filosofico taoista. Infatto l’autore poi prosegue con tutta la pippa di come certe cose vadano fatte per tempo eccetera. Comunque le generazioni successive hanno sublimato la storiella in un motto, e così è arrivata fino a noi.

Il libro è considerato uno dei capisaldi del taoismo assieme al 道德经 (Dàodé jīng) “Dao De Jing” di 老子 (Lǎozi) “Laozi” (di cui esistono innumerevoli versioni online) e al 庄子 (Zhuāngzi) “Zhuangzi”, il libro scritto da se stesso, infatti l’autore si chiamava proprio 庄子.

In realtà pure l’autore del Liezi viene indentificato con il nome del libro, come ulteriore riprova che i cinesi antichi non avevano tempo per badare a certi dettagli secondari, occupati com’erano a combattersi l’uno con l’altro e rincorrere pecore fuggitive.

Il Liezi si differenzia dagli altri per l’utilizzo di allegorie e metafore per spiegare concetti filosofici; è ricco di storie popolari, miti e leggende, tutti intesi a rappresentare valori educativi e di grande significato filosofico.

Un’altra versione parla del 战国策 (Zhànguó cè) “Strategie dei regni combattenti”.

Ai tempi, nel regno di 楚 (Chǔ) “Chu” un ministro di nome 庄辛 (Zhuāng xīn) “Zhuang Xin” disse al re 襄 (Xiāng) “Xiang” che stava facendo troppo lo sciolto con i suoi amici ricchioni (同性恋, tóngxìngliàn) invece di seguire i problemi dello stato.

Per esempio, pare che la città di 郢 (Yǐng) “Ying” (la loro capitale) fosse in pericolo di essere invasa da qualcuno degli altri stati (cosa che a quanto pare capitava un giorno sì e l’altro pure).

Il re a sentirsi dare del ricchione montò su tutte le furie e ne disse di tutti i colori al buon Zhuang Xin.

Questi rispose che se ne sarebbe andato a nascondersi nel vicino regno di 赵 (Zhào) “Zhao” per vedere cosa sarebbe accaduto.

Detto fatto, Zhuang Xin ristette a Zhao per soli cinque mesi, dopodiché il regno di 秦 (Qín) Qin invase Chu, e il re Xiang fu costretto ad andare in esilio.

Mandò allora a chiamare Zhuang Xin per chiedergli consiglio. Zhuang Xin rispose con una filippica sui doveri del sovrano e gli smollò anche il proverbio di cui sopra, non si sa in quale delle tre accezioni.

Morale che comunque sono delle belle storielle e il proverbio salta fuori spesso anche nella conversazione normale.

How to f**k the white monkey for fun & profit 101: case study #2

Eccoci qui per la seconda puntata della nostra divertente rubrica.
L’argomento di oggi è la registrazione del marchio, argomento di cui si era già parlato qui.
Per farla breve, nel Celeste Impero la tutela della Proprietà Intellettuale esiste e funziona, ma attenzione!
Non è che siccome io mi chiamo Prada allora ho diritto di prelazione sul marchio. Invece, vince chi arriva prima!
Per esempio se ancora non fosse stato fatto da nessuno, nulla vieterebbe ad un qualsiasi Celeste di andare all’ufficio brevetti e registrare il marchio “NASA” oppure “Apple” come se fosse roba sua.
In effetti questo è proprio quello che è successo per iPhone e iPad, e Apple ha dovuto pagare fior di milioni per avere il diritto di usare i propri marchi nella Terra di Mezzo (approfondimenti sull’incredibile vicenda sono disponibili a palate, per esempio qui, qui e qui ).
Questo principio viene abitualmente sfruttato da patent troll professionisti agguerritissimi che registrano marchi stranieri a camionate, sognando il momento in cui potranno raccogliere i frutti delle loro fatiche.
Sento qualcuno dalle file alte della platea urlare “Ma quali fatiche! Sono tutti imbroglioni!”
Eehhh… si fa presto a dire imbroglioni… dipende dai punti di vista.
Dal loro punto di vista si tratta di un lavoro come un altro. il sistema lo permette, perché non approfittarne?
È come dire ad un tassista italiano che si sta approfittando della sua posizione per estorcere tariffe astronomiche, oppure dire ad un politico italiano che non si fa cadere il governo solo per interessi personali, e allora? Chi è l’imbroglione?
Comunque, politici a parte, dura è la vita di chi volesse cautelarsi contro i patent troll.
Non esistono siti gratuiti per fare ricerche, a parte cose come China Trade Mark Office che però offre delle funzionalità piuttosto limitate.
Una ricerca seria può essere condotta solo da uno studio legale, e anche lì sono soldoni.
Nel frattempo il troll accumula registrazioni di marchi, accumula, accumula fino al momento in cui il legittimo proprietario del marchio decide di muoversi sul mercato cinese… allora sì che inizia il pianto e lo stridor di denti.
Ora per le aziende del calibro di Apple il problema si pone dal punto di vista degli investimenti e dei profitti, della serie: “Quanto sono disposto a pagare per avere accesso al mercato cinese che è il più grande del mondo eccetera, e quanti soldoni ci potrò ricavare?”.
La musica è diversa per chi non sia un titano dell’Olimpo, anche se qualcuno ci si mette lo stesso: è il caso di Manolo Blahnik, di cui da vero ignorante di tendenze di moda ho scoperto l’esistenza grazie a questo articolo sul Corriere.
Fermiamoci un momento ad osservare un minuto di silenzio: 22 anni? VENTIDUE ANNI?

V E N T I D U E   A N N I  ? ?

indicazioni

In questi lunghi anni di permanenza nella Terra di Mezzo, travolto dal vortice della sua scapicollata corsa al progresso, devo dire che ho potuto assistere a parecchi cambiamenti.

Molte cose nuove sono arrivate e si sono imposte come una nuova norma, quando fino a qualche anno prima nessuno avrebbe potuto nemmeno immaginare che sarebbe potuta arrivare una cosa del genere.

Altre cose che si pensava fossero eterne o giù di lì sono invece sparite, gettate senza troppi complimenti nel dimenticatoio collettivo.

Tra queste, i 带路人 (dàilù rén); in mancanza di una traduzione ufficiale azzarderei “addetti alle indicazioni stradali”.

Ecco che arriva la frase da nonno: non so quanti si ricordano ancora del mondo prima dell’arrivo delle app di mappe sul telefonino.

Io sì che me lo ricordo, quando si usciva in comitiva e ci si doveva mettere d’accordo per filo e per segno su quale strada fare, e mi raccomando vai piano, che se ti perdo di vista è finita.

Mi ricordo bene cosa vuol dire guidare furgoni e ambulanze con le fotocopie del Tuttocittà spalmate sul volante, e la strada da fare segnata con l’evidenziatore.

In Cina poi mi è successo di perdermi in maniera *TOTALE* a Guangzhou, città caratterizzata da un labirintico sistema di sopraelevate che sembra fatto apposta per fare perdere le speranze ai poveracci che vi ci entrano e indurre nei malcapitati profondi stati di depressione comatosa.

Quindi sia chiaro che io per primo riconosco GPS e mappe sul telefonino tra i più significativi passi avanti sulla strada del progresso umano.

Comunque sia, prima di tutto questo il problema era concreto, e lo era soprattutto per i camionisti cinesi che arrivavano in una città sconosciuta provvisti solo di un indirizzo e qualche vaga indicazione.

Il problema non era solo trovare la destinazione, come in passato mi insegnò uno dei miei capi quando osai lamentarmi che non conoscevo la strada per un certo servizio che mi era stato richiesto: “Con la lingua in bocca si arriva dappertutto”.

Il fatto è che in Cina l’ingresso dei mezzi pesanti nelle città è proibito o comunque complicato da oscuri regolamenti locali.

Solo un “local” poteva districarsi tra regolamenti e viuzze per evitare sgraditi incontri con le forze dell’ordine e conseguenti sonore multe all’autista.

Ecco quindi che alle uscite delle autostrade di vedevano sempre dei gruppetti di persone dall’aria dimessa che brandivano un cartello con scritto 带路 (dàilù), abbreviazione di 职业带路人 (zhíyè dàilù rén) “Indicatore di strada professionista”.

Questi GPS umani contrattavano un prezzo con il camionista attraverso il finestrino abbassato, poi salivano nella cabina di guida e trovavano la strada migliore per aggirare eventuali posti di blocco della polizia.

Era un lavoraccio infame, dovevano stare in mezzo ad una strada tutto il giorno per pochi soldi, esposti alle intemperie e al pericolo di essere scacciati o peggio.

Essi infatti erano visti come il fumo negli occhi dalla polizia secondo i quali erano poco di più che mendicanti.

Ora non so se siano scomparsi perché sostituiti dalle app sul telefonino, oppure se i 城管 (chéngguǎn) finalmente hanno avuto la meglio sui loro nemici storici; fattostà che non se ne vedono più.

Un altro pezzetto di mondo che se ne va.

9: fuoco

隔岸观火 (Gé’àn guān huǒ)

Letteralmente:

Contemplare il fuoco dalla riva opposta

Questo stratagemma suggerisce metaforicamente di non farsi troppo coinvolgere troppo dall’eccitazione generale, e mantenere invece un atteggiamento distaccato e calcolatore; attendere che le parti in gioco si sfiniscano combattendo una contro l’altra per poi alla fine intervenire in forze al momento giusto.

Meno figurativamente, al cospetto di una diatriba è sicuramente meglio aspettare che i contendenti abbiano finito di massacrarsi, per poi intervenire in forze e raccogliere i cocci; un po’ come il nostro “Tra i due litiganti, il terzo gode”.

La storia solitamente associata a questo stratagemma è quella di 白起 (Bái Qǐ), generale dello stato di 秦 (Qín) nel tardo periodo degli Stati Combattenti (战国 Zhànguó).

Correva l’anno 257 A.C. o giù di lì.

Le fonti cinesi (baike.baidu.com) si dilungano all’infinito sugli accadimenti dell’epoca, ma per farla breve i poveretti di 赵国 (Zhào guó) “Zhao” si erano già presi una gran sacca di legnate da Qin nella battaglia di 长平 (Chǎng Píng), alla quale erano seguiti negoziati e un fragile accordo.

Tra una cosa e l’altra passarono un paio d’anni, e nel frattempo Bai Qi si era pure ammalato.

Ad un certo punto il re di Qin decise di attaccare ancora e investì dell’incarico il generale 王陵 (Wáng Líng), ma quelli di Zhao tennero duro e si finì con un assedio alla città di 邯郸 (Hándān), la capitale di Zhao (città che abbiamo già incontrato, tra l’altro).

Il re di Qin allora mandò a chiamare Bai Qi ma il nostro simpatico generale (consiglio caldamente di approfondire le sue gesta per capire il “simpatico”) declinò l’offerta adducendo dolori vari, stanchezza, insomma non se la sentiva troppo di andare in battaglia a massacrare gente. Il re mandò il primo ministro 范睢 (Fàn Suī) a cercare di convincere Bai Qi, ma pare che tra i due non corresse buon sangue; comunque Fan Sui dovette tornarsene a corte con le pive nel sacco.

Il re andò su tutte le furie e quel furbone di Fan Sui gettò benzina sul fuoco lasciando intendere che Bai Qi remava contro. Allora il re non ci vide proprio più e fece recapitare una spada a Bai Qi dicendo che doveva usarla per uccidersi.

Ordinò quindi ad un altro generale a nome 王齕 (Wáng Hé) di occuparsi della guerra contro Zhao.

Il succo della storia non sta nel destino di Bai Qi, bensì nel fatto che quelli di Zhao guardarono da lontano il “fuoco” del disaccordo tra Bai Qi, Fan Sui e il re di Qin e approfittarono del tempo guadagnato per chiedere aiuto ai regni vicini.

Questi mandarono truppe in soccorso, consentendo a Zhao di resistere all’assedio e dare una solenne batosta a Qin.

Dopo l’obbligatoria storiella del medioevo possiamo provare ora a fare dei paragoni con fatti più vicini alla nostra sensibilità occidentale.

La storia è piena di esempi a corollario di questa bella storiella, ma per una volta davanti ai nostri occhi si sta dipanando proprio una situazione classica.

Da una parte abbiamo un pazzo dinamitardo che vuole sprofondare l’Europa nel caos, dall’altra una nazione finora tranquilla e poco propensa alla ribalta internazionale.

Un sacco di altre nazioni prende posizione, chi manda aiuti, chi armi e vettovaglie, chi più ne ha più ne metta.

E la Celeste Impero che fa? Contempla il fuoco…

Chissà, magari meditando di rivedere le proprie posizioni su una certa isola ribelle una volta accertato l’esito del conflitto in corso.

Per concludere ricordiamo che l’elenco degli stratagemmi illustrati finora in questa umile sede sta a questo indirizzo.

Omicron

La conoscono tutti la “variante Omicron”, e tutti sanno (o ormai hanno capito) che i nomi delle varianti del COVID sono prese dall’alfabeto greco.
Non tutte le varianti sono conosciute dal pubblico, infatti dopo la famosa “Delta” che più o meno tutti hanno sentito nominare ce ne sono state delle altre meno famose, una per ogni lettera dell’alfabeto.
Per meglio dire, non tutte le varianti costituiscono quello che secondo i nostri solerti giornalisti costituisce una “notizia”.
L’ultima era la variante “Lambda”, che aveva colpito il Peru; e che vogliamo sprecare preziosa carta stampata con ‘sta variantucola dei peruviani, che poi il pubblico si annoia e non ci comperano più i giornali, che stiamo già con l’acqua alla gola?
Così tra una lettera e l’altra si era arrivati alla Lambda, e opplà! Ne salta fuori un’altra.
Questa sì che è cattiva! È una SUPER mutazione della Delta, e include tutte le mutazioni delle precedenti!
Mi immagino la scena dei giornalisti che si eiettano a chiedere come si doveva chiamare questo prodigio.
«Ehi!» chiamano i giornalisti, tutti eccitati. «Ehi WHO! Come la chiamiamo? A quanto eravamo arrivati? Qual’è la prossima lettera?»
«Ehm ehm…» dicono gli alti ufficiali, riuniti attorno ad un enorme tavolo di mogano. «Un attimo che controlliamo…» intanto si guardano tra di loro con aria preoccupata.
«Ecco, la prossima sarebbe la Nu (ν), ma si confonde con new, poi tutti i redneck americani pensano che sia una “nuova” variante, comperano tutta la carta igienica, assaltano il campidoglio… uffa, non va bene»
«Eh vabbè la saltiamo, dai», dice subito un giovane stagista. «Prendiamo la prossima.»
«Ecco…» dice l’alto ufficiale, «la prossima è ancora peggio… è la “Xi” (ξ)»
Sege a questo punto un imbarazzatissimo silenzio che si protrae per parecchi minuti.
«Mica possiamo chiamarla la variante “Xi”», dice uno del gruppo.
«Perché no?» chiede lo stagista. Altro silenzio imbarazzato.
«Qualcuno cacci questo imbecille.», sentenzia alla fine il capo di tutti.
Entra una guardia che solleva di peso lo stagista e lo porta via.
«Ma come! Cosa ho detto??!? Aiuto! … » le urla dello stagista si perdono in lontananza.
«Che facciamo, saltiamo anche questa?» dice un altro.
«Eh no, poi tutti capiscono che abbiamo paura della Cina.»
«Sì ma se la chiamiamo Xi perdiamo tutte le bustarel..»
«Silenzio! Guardia!! Via anche questo!»
«Ma lo sanno tutti che siamo i servi della Cina! … aiutoooo! ….»
«Signori, la situazione è grave. Urge una soluzione brillante.»
«Ci sono! È semplicissimo! Diciamo che è un cognome molto diffuso!»
Ha ha ha ha (tutti ridono di gusto)
«Ma vaf******o, che c***o dici! (anche allo WHO ogni tanto si lasciano andare) Sarebbe una panzana troppo grossa, che figura ci facciamo?»
«Beh visto che siete così intelligenti sentiamo le vostre, di perle di saggezza!»

Nota: noi che leggiamo il blog di itariajin tutti i giorni sappiamo benissimo che c’è una lista ufficiale dei cognomi più diffusi in Cina. Il cognome “Xi” non vi figura, e per trovarlo bisogna andare molto più in basso nella lista, intorno al trecentesimo posto (il numero esatto varia in base alle fonti).

Il risultato finale purtroppo lo sappiamo…
Fonti: uno, due, tre, ce n’è una marea.

Novella 21

Sono passati parecchi anni da quando ho postato un pezzo della famosa novella, ed ecco qua! TAAAAAC!
Un altro bel pezzettone con pronuncia, traduzione e vocaboli.

细细的泉水从石缝里往外冒,淌下来,积成脸盆大的小洼,周围的野草长得茂盛,水流出去几十米便被干渴的土地吸干了。
“过来洗洗吧,洗洗你那身臭汗味。”
小瞎子拨开野草在水洼边蹲下,心里还在猜想着“曲折的油狼”。
“把浑身都洗洗。你那样儿准像个小叫花子。”
“那您不就是个老叫花子了?”小瞎子把手按在水里,嘻嘻地笑。
老瞎子也笑,双手掏起水往脸上泼。“可咱们不是叫花子,咱们有手艺。”
“这地方咱们好像来过。”小瞎子侧耳听着四周的动静。

Xì xì de quánshuǐ cóng shí fèng lǐ wǎngwài mào, tǎng xiàlái, jī chéng liǎn pén dà de xiǎo wā, zhōuwéi de yěcǎo zhǎng dé màoshèng, shuǐliú chūqù jǐ shí mǐ biàn bèi gàn kě de tǔdì xī gànle.
“Guòlái xǐ xǐ ba, xǐ xǐ nǐ nà shēn chòu hàn wèi.”
Xiǎo xiāzi bō kāi yěcǎo zài shuǐ wā biān dūn xià, xīnlǐ hái zài cāixiǎngzhe “qūzhé de yóu láng”.
“Bǎ húnshēn dōu xǐ xǐ. Nǐ nàyàng er zhǔn xiàng gè xiǎo jiàohuāzǐ.”
“Nà nín bù jiùshì gè lǎo jiàohuāzǐle?” Xiǎo xiāzi bǎshǒu àn zài shuǐ lǐ, xī xī de xiào.
Lǎo xiāzi yě xiào, shuāngshǒu tāo qǐ shuǐ wǎng liǎn shàng pō.“Kě zánmen bùshì jiàohuāzǐ, zánmen yǒu shǒuyì.”
“Zhè dìfāng zánmen hǎoxiàng láiguò.” Xiǎo xiāzi cè’ěr tīngzhe sìzhōu de dòngjìng.

Il rivolo d’acqua di fonte scorreva sottile dalla fessura della pietra, acquietandosi e quindi accumulandosi nella depressione di una grande conca, come in un bacile. Le erbacce intorno erano rigogliose; l’acqua scorreva per una decina di metri e scompariva quindi prosciugata dalla arsa terra.
“Vieni a lavarti, lava via tutto quell’odore di sudore.”
Il piccolo cieco scostò le erbacce e si accovacciò sull’acqua; in cuor suo pensava ancora al “lupo pieghevole”.
“Lavati bene tutto il corpo. Devi sembrare un piccolo mendicante.”
“Allora tu non sei un vecchio mendicante?” Il piccolo cieco posò la mano sulla superficie dell’acqua e sorrise.
Anche il vecchio cieco rise, raccolse l’acqua a coppa con le mani e se la gettò sul viso. “Però noi non siamo mendicanti, noi abbiamo un mestiere.”
“Mi sembra che in questo posto ci siamo già stati.” disse il piccolo cieco dando orecchio a tutt’attorno.

  • 细细 (xì xì) “sottile “
  • 淌下来 (tǎng xiàlái) “inginocchiarsi”
  • 积 (jī) “accumularsi”
  • 脸盆 (liǎn pén) “lavandino “
  • 洼 (wā) “depressione”
  • 茂盛 (màoshèng) “lussureggiante”
  • 蹲 (dūn) “accovacciarsi”
  • 浑身 (húnshēn) “tutto il corpo “
  • 叫花子 (jiàohuāzǐ) “mendicante”
  • 掏起 (tāo qǐ) “raccogliere”
  • 手艺 (shǒuyì) “mestiere”
  • 侧 (cè) “lato”
  • 耳 (ěr) “orecchio”
  • 动静 (dòngjìng) “fruscio, debole rumore”

dispensa

Vado a presentare una dispensa risalente a parecchi anni fa, all’epoca dell’allora Is.M.E.O. / Is.I.A.O. di Milano.

Approfondimenti su queste gloriose e purtroppo non più esistenti istituzioni si possono trovare su wikipedia: ISMEO, ISIAO.

All’epoca, tramite queste istituzioni, il comune di Milano offriva dei corsi serali di lingue.

Ho avuto la fortuna di poter partecipare a questi corsi e di conoscere così tante persone eccezionali tra i compagni e tra gli insegnanti, tra i quali la professoressa Elvira Dell’Oro, redattrice del testo oggetto di questo post, e la carissima  professoressa Giuseppina Merchionne.

Per poter meglio affrontare l’imminente esame HSK, la professoressa Dell’Oro ci distribuì una dispensa di esercizi in formato cartaceo.

Ai tempi provai a formattare il testo in formato elettronico, aggiungendo un dizionario dei termini utilizzati nel testo.

La cosa aveva senso in quei tempi, prima dei telefonini e degli ebook, quando per cercare i caratteri si dovevano perdere ore sui dizionari cartacei.

Il progetto languì in un cassetto per molto tempo. Di recente però ho deciso di rimetterci le mani e farla diventare un ebook.

Questi i link:

ciccioni

Ammettiamolo: prendere l’aereo è una seccatura di proporzioni disumane.

Fosse solo l’aereo in sé, vabbé, passi, potrebbe anche andare. In fondo è molto simile ad un pullman, con in più la possibilità di vedere qualche paesaggio interessante, e ti danno pure qualcosa da mangiare.

Purtroppo quanto ci potrebbe essere di positivo viene invariabilmente rovinato dal fattore umano, in primis i vicini di posto.

Personalmente le ho provate tutte: prendere il posto il più avanti possibile, o dietro; corridoio, finestrino, vicino ai bagni; mi manca solo di sedermi in braccio ad una hostess ma non penso che mi lascino (e forse anche la moglie avrebbe qualcosa a ridire). Sta di fatto che dovunque decida di mettermi immancabilmente piombano sulla scena gli altri scellerati protagonisti della tragedia.

Il più pericoloso è il ciccione russatore. Sono praticamente certo che esista una associazione segreta di ciccioni che tiene sotto controllo i miei spostamenti. Appena faccio il click per prenotare un volo, da qualche parte in una stanza in penombra suona un allarme. Uno di questi lardoni si sveglia di botto e istantaneamente prenota un posto vicino al mio. Questi plantigradi trascorrono i giorni immediatamente precedenti al volo in una veglia forzata, di modo che non appena toccano il sedile crollano come ippopotami fulminati da un fucile da caccia grossa.

Due sono i principali strumenti di tortura di questi terribili personaggi: 1) russano come la proverbiale segheria e 2) tentano sempre di crollarmi addosso.

Una volta sulla tratta Cina-Italia mi è toccato quello che penso essere il cinese più grasso che abbia mai visto. Una vera montagna d’uomo, fosse stato giapponese avrebbe potuto fare il lottatore di sumo professionista. Ha incominciato a russare già mentre sistemava la borsa nella cappelliera e poi si è svegliato solamente quando era ora di mangiare, mettendo in difficoltà la hostess che alla domanda “Pollo o manzo?” si è sentita rispondere “Tutti e due. Tre. Di ognuno.” Dopo avere divorato tutto ha lasciato cadere il vassoio di plastica ormai rovinato dai segni dei suoi denti ed è crollato di schianto, nuovamente addormentato. Come una umana torre pendente ha ripreso a strabordare dalla mia parte, costringendomi ad un certo punto a prenderlo a gomitate per paura che mi soffocasse sotto il suo peso. Un incubo.

Sono sicuro che sia un complotto perché una volta è successo che uno di questi pachidermi probabilmente non aveva sentito l’allarme e non aveva fatto in tempo a prendere il posto vicino al mio. Passando vicino mi ha guardato con una faccia tutta stizzita e si è messo un paio di posti più avanti, comunque con la testa tutta storta in modo che potessi sentire chiaramente i suoi grugniti e mostrarmi tutti i particolari delle bolle che faceva dal naso.

Recentemente però ho trovato un metodo per evitare tutti questi fastidi e cioè: faccio il check-in online il giorno prima per scegliere i posti, e poi poche ore prima di partire rientro sul sito e li cambio.

Fino a che non mi scoprono, volo tranquillo.