camere rosse

红楼梦 (Hónglóu Mèng) “Il sogno delle camere rosse” è uno dei 四大名著 (sì dà míng zhù), i quattro pilastri della letteratura classica cinese, sui quali mi sono già sbilanciato in un precedente post, anzi rimando il fedele lettore a ripassare quanto detto riguardo alle possibilità di un reale apprezzamento dell’opera da parte di noi bianchetti.
Il ponderoso tomo è stato scritto a metà del 18mo secolo in piena dinastia 清 (Qīng, 1644-1911); l’autore è 曹雪芹 (Cáo Xuěqín) Cao Xueqin.
In questa sede aggiungo solo che questo romanzo vanta una schiera di appassionati paragonabile solo ai fedeli di Shakespeare in Occidente.
Letteralmente infinite sono state le opere derivate, tra cui la celeberrima serie televisiva (电视连续剧) degli anni ’80.
Merita un approfondimento la vita dell’attrice 陈晓旭 (Chén Xiǎoxù) “Chen Xiaoxu”, classe 1965, che nella serie ha interpretato il personaggio di 林黛玉 (Lín Dàiyù, chiamata anche 林姐姐 Lín jiějiě “Sorella Lin”).
Le storie riguardanti la produzione della serie televisiva meriterebbero a loro volta dell’attenzione letteraria, in quanto la troupe visse per un sacco di tempo a stretto contatto e pare che succedesse di tutto.
Diciamo solo che la nostra Xiaoxu conobbe il primo marito proprio sui set di questa serie.
Dopo l’esperienza come attrice nel 1989 decise di arruolarsi nell’esercito.
Devo chiarire che non bisogna immaginarsi la nostra eroina vestita da marine che fa il passo del leopardo su un percorso di guerra: la People’s Army dispone delle proprie compagnie teatrali, e lei semplicemente continuò la carriera di attrice accettando un posto sicuro da un datore di lavoro affidabile.
Comunque nel 1991 decise di lasciare l’esercito e fare l’imprenditrice, anche qui mietendo successi uno dopo l’altro.
A 32 anni era amministratore delegato di una azienda di pubblicità milionaria; poi diventò presidente e direttore generale di un’altra nuova azienda che ebbe ancora più successo, insomma una corsa vertiginosa costellata di premi a destra e a manca.
Questa donna eccezionale trovò anche il tempo di sposarsi una seconda volta.
Devota al buddhismo da sempre, pare che un giorno mentre era in macchina con un amico rimase molto colpita da un sermone del maestro Ven Chin Kung (more info su baidu, wikipedia), del quale abbracciò gli insegnamenti.
Nel 2007 prese gli ordini come monaca buddhista e nello stesso anno purtroppo morì di cancro al seno. Aveva 41 anni.
Qui ci sono delle foto: cctv.com

arhat

Arhat (Arahat, Arahant) è una parola derivata dal sanscrito arhati (Pali arahati): “Colui che è degno”.
In cinese si dice 阿罗汉 o 罗汉 (āluóhàn o luóhàn); in tibetano “dgra-bcom-pa”, in giapponese 阿羅漢 (あらかん).
Il termine è talvolta usato come sinonimo di Buddha, ma generalmente si tratta di un asceta di elevato livello, una persona che ha completamente distrutto i tre veleni, ha ottenuto il Nirvāna e quindi non è soggetto alla reincarnazione.
I primi cinque discepoli del Buddha storico divennero Arhat: Shariputra, Maudgalyayana, Shuddhodana, che a quanto ho capito era il padre.
Per diventare è necessario seguire strettamente le tre vie (o tre pratiche): condotta, sviluppo mentale e saggezza.

dieci precetti

I “Dieci precetti” del Buddhismo ricordano un po’ i dieci comandamenti.
I Buddhisti vanno anche più in là, in quanto i dieci precetti sono solo i più importanti di un insieme di 58 regole da osservare.
Le versioni in inglese e in cinese che ho trovato differiscono a volte anche in maniera significativa. Ne riporto quacuna. In inglese:

The ten most important among the fifty-eight rules of discipline for Mahayana bodhisattvas set forth in the Brahma Net Sutra. (The others are called the forty-eight minor precepts.) The ten major precepts are

  • not to kill
  • not to steal
  • not to engage in any sexual relations
  • not to lie
  • not to sell liquor
  • not to speak ill of the past misdeeds of other Buddhists
  • not to praise oneself or disparage others
  • not to begrudge offerings or spare one’s efforts for the sake of Buddhism
  • not to give way to anger
  • not to speak ill of the three treasures (the Buddha, his teachings, and the Buddhist Order).

In cinese sono noti come 十重禁戒 (shí zhòng jìnjiè).

十重禁戒为:杀生、偷盗、邪淫、妄语、饮酒、说过罪、自赞毁他、悭、瞋、谤三宝。

禁戒 è “avvertimento, guardarsi da”. Ci sono caratteri e modi di dire osticamente obsoleti, in dettaglio:

  • 杀生 (shāshēng): “uccidere”
  • 偷盗 (tōudào): “rubare”
  • 邪淫 (xié yín): “decadenza morale”
  • 妄语 (wàng yǔ): “dire bugie, parole senza senso”
  • 饮酒 (yǐnjiǔ): “bere alcoolici”
  • 说过罪 (shuōguò zuì): “crimini con le parole”
  • 自赞毁他 (zìzàn huǐ tā): “farsi belli a spese di altri”
  • 悭 (qiān): “pungente, miseria”
  • 瞋 (chēn): “mostrare rabbia”
  • 谤三宝 (bàng sānbào): “diffamare i tre tesori” che sono territorio, gente e governo.

In giapponese si usano gli stessi caratteri e si pronunciano “じゅうぜんかい”:

  • 不殺生(ふせっしょう)
  • 不偸盗(ふちゅうとう)
  • 不邪淫(ふじゃいん)
  • 不妄語(ふもうご)
  • 不悪口(ふあっく)
  • 不両舌(ふりょうぜつ)
  • 不綺語(ふきご)
  • 不貪欲(ふとんよく)
  • 不瞋恚(ふしんに)
  • 不邪見(ふじゃけん)

5 precetti

Il codice morale del Buddhismo prevede cinque precetti che vanno osservati non solo allo scopo di coltivare la propria forza morale ma anche per provvedere agli esseri viventi che ci circondano.
I cinque precetti (Five Precepts, :五条戒 wǔtiáojiè, 五戒 wǔjiè, :五戒: ごかい) sono:

  1. Non uccidere (eng:Do not kill, :杀 shā, :殺生, せっしょう)
  2. Non rubare (eng:Do not steal, :盗 dào, :倫盗, ちゅうとう)
  3. Non indulgere in lussuria (eng:Do not indulge in sexual misconduct, :淫 yín, :邪淫, じゃいん)
  4. Non dire falsità (eng:Do not make false speech, :妄 wàng, :妄語, もうご)
  5. Non assumere vino e droghe (eng:Do not take intoxicants , :酒 jiǔ, :飲酒, いんしゅ)

La forma estesa in giapponese è la seguente:

  1. 不殺生戒(ふせっしょうかい)
  2. 不偸盗戒(ふちゅうとうかい)
  3. 不邪淫戒(ふじゃいんかい)
  4. 不妄語戒(ふもうごかい)
  5. 不飲酒戒(ふおんじゅかい)

In cinese spesso sono elencati come 杀盗淫妄酒.
Le varie correnti di pensiero interpretano i precetti in maniera più o meno rigida.
Spesso nei cartoni animati giapponesi si vedono dei personaggi che calzano degli zoccoli che poggiano su due supporti.

Sono chiamati 下駄 (げた) e servono a minimizzare l’area calpestata, allo scopo di schiacciare e quindi uccidere il minor numero possibile di insetti.
Noticina: il carattere 盗 ricorre per esempio in 海盗 (hǎidào) “pirata”.

i tre veleni

I tre mondi inferiori sono noti come i tre sentieri maligni (eng: three evil paths, : 三恶道 sān è dào, : 三悪道 さんなくどう).

A questi corrispondono le tre punizioni infernali (eng: the Three Miserable Realms, : 三涂 sān tú, : 三塗 さんず), di cui tralasciamo i dettagli per evitare di ferire gli animi sensibili.

Attenzione a non confondersi con i tre veleni (eng: three poisons, : 三毒 sān dú, : 三毒 さんどく), altrimenti noti come le tre radici di ogni male: cupidigia, odio e delusione (eng: Greed, hatred and delusion, : 贪欲 tānyù 嗔怒 chēnnù 愚痴 yúchī, : 貪欲 どんよく・瞋恚 しんに ・愚痴 ぐち, spesso scritti in forma abbreviata:貪, 瞋 e 癡).

Nota: le parole in cinese letteralmente significano avarizia, rabbia e stupidità.

I tre veleni creano tutto il cattivo Karma, portando tutta la sofferenza in accordo con il principio di causa ed effetto.

I tre veleni sono ostacoli all’ottenimento di buon karma e i testi raccomandano di evitarli ad ogni costo.

Esempio 1:

「佛教认为,人类的苦难主要来源于自身的贪欲心、嗔怒心和愚痴心,即所谓“三毒”。
这“三毒”也是人类身、口、意等一切恶行的根源。」

“Il Buddhismo ritiene che la causa principale delle sofferenze del genere umano abbia origine dalla mente della cupidigia, la mente della rabbia e la mente della stupidità che albergano in se stessi, collettivamente note come ‘tre veleni’.
Questi ‘tre veleni’ sono anche l’origine della condotta malvagia di corpo, bocca e volontà.”

Esempio 2:

「心地污染,佛跟我们讲,最严重的是三毒:贪瞋痴,贪瞋痴叫三毒烦恼。」

“Il Buddha ci dice che la più seria (causa) della contaminazione della mente sono i tre veleni: cupidigia, rabbia, ignoranza, che sono chiamati i tre veleni.”

Esempio 3:

「我们知道,贪、嗔、痴三毒是六道轮回的祸首,一切过患的根源。」

“Sappiamo che i tre veleni cupidigia, rabbia, ignoranza sono colpevoli delle sei grandi divisioni nella ruota del Karma, la radice di tutte le preoccupazioni.”

10 mondi

十法界 (shí fǎjiè) la “legge dei dieci mondi”, è un concetto molto importante del Buddhismo.
I dieci mondi sono suddivisi in 四圣 (sì shèng) “quattro celesti”, e 六凡 (liù fán) “sei terreni” o ordinari.
Si tratta di una classificazione delle condizioni umane, che ognuno possiede in potenza e manifesta nel corso della vita.
Le varie scuole del Buddhismo danno differenti interpretazioni di questo concetto.
Per esempio il buddhismo lamaista dice che si passa da un livello all’altro tramite la reincarnazione, mentre gli Shoka Gakkai giapponesi sostengono che si può passare da un mondo all’altro nello spazio di un minuto, come cambiando stati d’animo.
I primi quattro sono:

  1. 佛 (fó) Buddha
  2. 菩萨 (púsà) Bodhisattva
  3. 缘觉 (yuánjué) ragione
  4. 声闻 (shēngwén) studio

Gli altri sono

  1. 天 (tiān) estasi
  2. 人 (rén) umanità
  3. 阿修罗 (āxiūluó) demone rabbioso
  4. 畜生 (chùsheng) animale, aniumalità
  5. 饿鬼 (èguǐ), demone affamato
  6. 地狱 (dìyù) inferno

Il succedersi dei sei mondi “inferiori” viene determinato da circostanze esterne: le percezioni di felicità o negatività dipendono da fattori esterni.
I quattro mondi superiori invece dipendono da sforzi coscienti dell’individuo nella direzione del miglioramento di sé.

terminologia buddhista

Qualche osservazione sulla terminologia buddhista.
Le due grandi suddivisioni del Buddhismo sono:

  1. 小乘 (xiǎoshèng) Hīnayāna, il “piccolo veicolo” (small vehicle, anche “liberated vehicle”); in giapponese 小乘仏教 (しょうじょうぶっきょう); il buddismo originario dell’India, tipico delle scuole più antiche, che sopravvive soprattutto nello Sri Lanka, definito anche – in maniera per lo più inesatta – theravada («tradizione degli antichi»). E’ l’unica delle 18 scuole antiche sopravvissuta fino ai nostri giorni, ed è caratterizzata dall’attenzione alla liberazione del singolo.
  2. 大乘 (dàshèng) Mahāyāna, il “grande veicolo” (great vehicle), in giapponese: 大乗仏教 (だいじょうぶっきょう) . La caratteristica principale è la ricerca dell’eliminazione della sofferenza di tutti gli esseri, da cui il riferimento al “grande”.

Il carattere 乘 è usato per tradurre il sanscrito “Yāna” che significa “mezzo di trasporto”.
La scuola Mahāyāna ha originato molte altre varianti, tra cui:

  • Vajrayāna (veicolo» o «via» della folgore adamantina, o del diamante), in cinese 金刚乘 (jīngāngchéng), cioè il buddismo che arriva in Tibet dall’India e lì si fonde con elementi pre-buddisti precedenti di tipo sciamanico.
  • Yogācāra (pratica dello Yoga)
  • Chan, risultante dalla fusione tra Taoismo e Buddhismo, fondato dal monaco Bodhidharma, 达摩 (Dámó) in cinese, 達磨 (だるま) in giapponese, nel monastero di Shaolin (sì, proprio quello!). La dottrina si diffuse poi in Giappone sotto il nome di 禅 (ぜん), in occidente conosciuto come Zen
  • 净土佛教 (jìngtǔ fójiào), il buddhismo “Pure Land” che è la variante più praticata in Cina

Approfondimenti: 1 e 2, ma ce ne sono infiniti altri.
Update:
1) Il carattere per “Zen” è 禅, e in cinese si legge chán.
2) Grazie ad Adriano per il suo commento, di cui riporto la parte più saliente:

il buddhismo Hīnayāna è comunque largamente diffuso, oltre che nello Sri Lanka, in buona parte del sud-est asiatico, ed in prevalenza nei paesi come Cambogia, Thailandia, Laos, Myanmmar.

nidana

Da wikipedia:

La coproduzione condizionata, in sanscrito pratitya samutpada (tradotto anche con “originazione interdipendente”), è una teoria del buddhismo che spiega il prodursi dei fenomeni legati all’esistenza secondo una logica di causa ed effetto.
Individuando il ciclo di cause che vanno rimosse per giungere al nirvana, essa risulta centrale nella dottrina buddhista.
Il ciclo delle cause ed effetti comprende dodici anelli.

Il termine sanscrito è nidana, viene tradotto in cinese come 因缘 (yīn yuán), e i dodici anelli sono:

  1. 无明 (wúmíng): l’ignoranza, in sanscrito avidya
  2. 行 (xíng): il karma, samskara
  3. 识 (shí): la coscienza, vinnana
  4. 名色 (míngsè): nome e forma, namarupa
  5. 六入 (liùrù): le sei basi dei sensi (occhi, orecchie, naso, lingua, corpo e mente), salayatana
  6. 触 (shòu): contatto tra sensi e coscienza sensoriale, phassa
  7. 受 (shòu): la sensazione, vedana
  8. 爱 (ài): la brama, tanha
  9. 取 (qǔ): l’attaccamento, upadana
  10. 有 (yǒu): il rinascere, bhava
  11. 生 (shēng): la rinascita, jati
  12. 老死 (lǎosǐ): la vecchiaia e la morte, jamarana

buddhismo

Sto facendo qualche ricerca sul buddhismo. Il termine è stato coniato nel 1800 e indica l’insieme degli insegnamenti del Buddha.
Il termine cinese è 佛教 (fójiào) a mio avviso è più pertinente, in quanto letteralmente significa “L’insegnamento del Buddha”; in giapponese, “仏教” (ぶっきょう).
Uno dei testi più significativi del buddhismo è la “Guida allo stile di vita del bodhisattva”, in sanscrito “bodhisattvacharyavatara” in cinese fa “入菩萨行论 (rù púsà xíng lùn)”; il testo cinese si trova per esempio qui (con annotazioni).
In giapponese il testo si intitola “菩提行入門” (ぼだいいにゅうもん); inglese: “The Guide to the Bodhisattvàs Way of Life”.
L’autore è Shantideva, 寂天 (jìtiān), giap: シャーンティデーヴァ.
Il testo è stato oggetto delle lezioni tenute dal Dalai Lama a Zurigo la scorsa settimana.
Dalai Lama = ダライ・ラマ = 达赖喇嘛 (dálài lǎma), Tenzin Gyatso, traslitterato in 丹增嘉措 (dān zēng jiā cuò).