serpente

Ieri sera insieme ai colleghi cinesi siamo usciti tutti a cena in un ristorante cinese di quelli proprio cinesi, senza contaminazioni occidentali.
La serata si è svolta piacevolmente tra bevute varie e piatti tipici, tra cui la zuppa di tartaruga e la carne di serpente.
Il passaggio alla storia avviene il giorno dopo: durante il tragitto in macchina verso l’ufficio uno dei colleghi, un ingegnere romano troppo forte, si gira e dice: “Oggi nun me parlate, dopo er serpente de ieri sera… so’ ancora INVIPERITO!”

bistecca

Vicino all’ufficio c’e’ un ristorante molto buono; peccato che le cameriere soffrano della “Sindrome da primo giorno”, cioè sembra che abbiano iniziato a lavorare lì il giorno stesso.
In particolare ce n’è una piccola, esile e minuta, quando parla sembra che stia esalando l’ultimo respiro.
Si immagini la seguente conversazione:
IO: – Vorrei una bistecca.
Cameriera: – Una bistecca?
I: Sì, una bistecca.
C: Con quale salsa?
I: Che salse avete?
C: Abbiamo (nome inventato 1), (n. inventato 2), 3, 4, 5, etc…
I: (non avendo capito niente dei nomi inventati): Vorrei la prima che hai detto.
C: Ora non me li ricordo più.
I: Allora ridimmeli.
C: Abbiamo (nome inventato 1), (inventato 2), 3, 4, 5, etc…
I: Vorrei la prima.
C: Ora non me li ricordo più.
I: Allora ridimmeli.
C: Abbiamo (nome inventato 1),…
I: Alt! Voglio questo. (vero! tutto vero!)
C: C’è l’aglio.
I: Va bene. Però la salsa non la voglio sopra; la voglio a parte.
C: Allora una bistecca.
I: Sì, una bistecca.
C: Con la salsa all’aglio.
I: Sì, a parte.
C: Salsa a parte.
I: Vorrei anche una birra.
C: Allora una bistecca. Con la salsa all’aglio.
I: Sì, però a parte, non sopra.
C: Salsa a parte. Una birra.
I: Sì, una birra.
C: Bene.
I: Bene.
C: Bene.

Risultato: salsa al pepe nero, sopra alla bistecca.
meno male che la salsa al pepe nero dopotutto non è male.

Santa

Oggi in albergo sono apparsi vari orripilanti pupazzi di Babbo Natale.
Uno di questi, gagliardamente in groppa ad una riproduzione di una scultura di epoca 唐 (Táng) “Tang” (618-907 d.C.).
Nella foto, la comprensibile reazione di un mio collega nel momento in cui si rende conto che dovrà sorbirsi il piccolo mostro fino a Gennaio dell’anno prossimo, se non oltre.
babbo natale

sombrero

Sono stato recentemente a 深圳 (Shēnzhèn) “Shenzhen”, la “New York del sud della Cina”.
OK, grattacieli, macchine, la dogana per Hong Kong, tutto bello.
Sotto al 地王大厦 (Dì Wáng dàshà), il grattacielo più alto di tutti, c’è un ristorantino di quella catena americana che si ispira alla cucina messicana, senza neanche avvicinarsi abbastanza da distinguerla in lontananza, e di cui non faccio il nome perché mi ripugna.
La cosa veramente grandissima è che i camerieri hanno tutti in testa un sombrero da messicano, bello rosso, enorme.
La scena era impagabile, però non ho fatto foto: mi sembrava che stessero soffrendo già abbastanza.

14

In questo post vorrei riallacciarmi alla dotta dissertazione sulla superstizione del mio amico Matteo e valutare alcune alcune differenze culturali tra l’Italia e la Cina.
Ho scattato una foto in albergo, la qualità è infame perché è presa con il cellulare ma spero che si distinguano i seguenti particolari.

  1. Manca il piano terra: infatti i cinesi contano i piani partendo direttamente dal primo. Il nostro primo piano è il loro secondo, il nostro secondo è il loro terzo e così via.
  2. Manca il 14mo piano.

Anche io ci ho messo un po’ ad accorgermene, ma la foto è una prova lampante: si passa dal 13 al 15.
Il motivo è presto detto: in cinese il carattere 四 (sì) “quattro” è quasi omofono al carattere 死 (sǐ) “morte”.
Il carattere 一 (yī) “uno” normalmente si pronuncia “yī”, ma quando si comunicano i numeri di telefono, i numeri civici, i piani degli alberghi e simili, si pronuncia “yāo”.
Quindi il malcapitato a cui viene assegnata una stanza al piano 14, alla domanda “A che piano abiti?” dovrebbe rispondere “yāo sī” che è come dire 要死 (yàosǐ) “devo morire”.
I solerti albergatori cinesi hanno presto eradicato il problema eliminando del tutto il piano, come succede in America con il 13mo.

ritorno

Oggi è il giorno del grande ritorno: da oggi ricomincia il blog, anche se a scadenza magari non quotidiana.
Non sto a raccontare cosa vuol dire traslocare in Cina e incominciare una nuova vita, non basterebbe un’enciclopedia.
Per ora mi limiterò a raccontare qualche aneddoto, incominciando dal 保龄球 (bǎolíngqiú) “bowling”.
Qui a 惠州 (Huì Zhōu), ridente cittadina del 广东 (Guǎngdōng) “Guangdong” a 70 km da Hong Kong, c’è una sala da bowling molto bella.
Il primo impatto è già molto positivo, in quanto una partita costa 15 RMB cioè circa un euro e mezzo.
L’impressione positiva prosegue quando, una volta arrivati alla postazione, arriva una signorina in divisa che se ne sta tutto il tempo dietro ai sedili, pronta ad aiutarti in ogni modo.
Ti va a prendere da bere, ti dice dov’è il bagno, manovra la macchinetta per i punti, insomma si dà da fare per farti sentire a tuo agio.
Ma la cosa esplosiva è questa: quando (se) fai strike, APPLAUDE!
E se c’è gente che gioca vicino a te, e quindi ci sono altre signorine in divisa, applaudono anche quelle vicine!
Inutile dire che mi sono diverito come un bimbo al circo, anche se qualche maligno a cui ho raccontato la scena ha insinuato che avrò fatto al massimo uno strike in dieci partite.
Non è vero, ne ho fatti ben due, e anche un mezzo strike, umpf!