intraducibilità

Bene bene, adesso ho fatto qualche post bello tranquillo e posso ricominciare con qualche succosa frigna sulla Cina e sui cinesi.
Vorrei condividere con i miei lettori una situazione che mi si presenta molto spesso e che puntualmente mi manda fuori dai gangheri.
Si deve immaginare una conversazione alla quale partecipano un gruppo di cinesi e uno spilungone italiano.
La discussione può essere una riunione di lavoro, oppure una chiacchierata al bar, è uguale.
Lo spilungone bene o male segue il discorso, interviene, insomma ci sta dentro, ma a volte capita che ci sia un termine del significato oscuro, che gli sfugge.
Può essere una singola parola, oppure (peggio) uno 成语.
Allora lo spilungone chiede lumi, e puntualmente dopo le risatine d’obbligo da parte delle donne presenti scatta la discussione per spiegare la rava e la fava della stramaledetta parola, condita dall’immancabile aneddoto.
Per esempio: “Devi sapere che durante la dinastia Tang c’era l’imperatore Zang che aveva un generale di nome Bang con un cane giallo di nome Dang…”
Ora, va bene tutto, e se siamo al bar, passi anche.
In certe situazioni però penso proprio che la storiella proprio non ci sta.
Ma insomma, siamo dal fornitore, o dal cliente, già sto facendo una figura perché ho ammesso di non capire un termine e già so che da quel punto in avanti sarà sempre peggio perché saranno tutti sulle spine chiedendosi “Ma avrà capito? Oppure quando fa segno di sì con la testa sarà solo un tic nervoso?”
Chi mi conosce abbastanza, oramai la storiella non la inizia nemmeno. Arriva il significato secco in inglese, mezzo secondo e via.
Chi non mi conosce abbastanza ma nota la furia omicida che mi sta montando dietro agli occhi e i peli che mi si rizzano addosso come ai gatti, finisce subito la storiella in un mormorio indistinto, dice la parola in inglese e guarda da un’altra parte.
Agli altri purtroppo tocca lo tsunami: “NON ME NE FREGA UNA FAVA DELLO STUPIDO IMPERATORE, DEL GENERALE CRETINO E DEL CANE ROGNOSO! DIMMI UN SINONIMO! SPIEGALO CON ALTRE PAROLE! DIMMELO IN INGLESE!”
A volte, però, non va bene nemmeno così.
Sfortunatamente ci sono parole cinesi che sono “troppo difficili da spiegare in breve”, e molte non hanno una corrispondenza diretta con una altrettanto semplice parola in inglese.
È normale in tutte le lingue, basta pensare a due esempi triti e ritriti e cioè il numero di parole degli eschimesi per dire “neve” e le parole in arabo riferite ai cammelli.
Bisogna dire che le opinioni sull’argomento comunque non sono unanimi, ma un fondo di verità c’è, per esempio sfido chiunque a trovare una traduzione in una parola sola per 委屈 (wěiqu) “sentirsi oggetto di un’ingiustizia”, oppure termini di parentela come 舅舅 (jiùjiu) “fratello minore della madre”, o l’inglese “serendipity”.
Ce ne sono migliaia, ora mi vengono in mente solo queste ma in rete c’è abbondante documentazione e molti esempi a riguardo.
Recentemente poi mi è capitato di sentire “潇洒” (xiāosǎ), che baidu definisce come (sic)

(of one’s appearance and manner) natural and unrestrained; casual and elegant; dashing and refined.

Lascio immaginare l’intermezzo nel discorso che l’apparire di questo mostro ha provocato…
Comunque mi sono preso la mia bella vendetta una volta con “terpsychorean”, storiella e tutto.
Eh insomma, quando ce vò, ce vò!

frutta

Proseguo il discorso lasciato in sospeso nel precedente post sulla frutta tropicale per aggiungere qualche altra leccornia.
Sorvolerò su kiwi, mango, papaya che una volta erano considerati frutta esotica ma al giorno d’oggi si trovano in tutti i supermercati d’Italia e ormai li conoscono anche i sassi.
Vorrei però parlare del 火龙果 (huǒlóngguǒ), in inglese Pitaya, Pitahaya, Dragonfruit.
Il nome in cinese è molto suggestivo, “Frutto del drago di fuoco”; sembra uscito direttamente dal libro dei mostri di D&D.
火龙 indica anche una processione delle lanterne, e in effetti il frutto potrebbe assomigliare ad una lanterna, ma (voce altisonante) “Frutto del drago di fuoco” mi piaceva di più.
Ha un sapore delicato e fresco, ma se non è maturo al punto giusto non sa di niente.
Recenti esperimenti hanno tuttavia dimostrato che tagliato a pezzi e lasciato una notte in frigo con di succo di limone e zucchero, diventa buono comunque.
È un must ai matrimoni.


Abbiamo poi lo 阳桃 (yáng táo) “Carambola, Starfruit”, da queste parti lo coltivano anche nei vasi sul balcone.
È noto anche come 三廉 (sānlián), 杨桃 (yángtáo), 五敛子 (wǔliǎnzǐ), 羊桃 (yángtáo) e una quantità di altri nomi.
Ha un sapore asprino, acidulo.
Fa molta scena tagliato a fette per traverso perché ogni fetta ha la forma di una stella.

Ecco poi il 蛇皮果 (shépí guǒ) “frutto pelle di serpente”.
Devo essere sincero: non è che mi piaccia molto. È dolciastro, un gusto strano.

Vado invece matto per lo 柚子 (yòuzi) “pomelo; shaddock; grapefruit”, un agrume simile ad un limone gigante, sugoso e dolce.
Mi si dice che si trova anche in Italia.

Vorrei finire (per ora) con il 鸡蛋果 (jīdàn guǒ) letteralmente “frutto uovo”; il nome di questo frutto per una volta ha un nome più poetico in inglese: “passion fruit” e in italiano “frutto della passione”.
Il nome cinese però colpisce nel segno: questo frutto ha un guscio legnoso e sottile, mentre l’interno è molle molle.
Sembra proprio un uovo fatto e finito.
È un po’ fastidioso da aprire ma vale la pena di impegnarsi per gustare il delizioso contenuto.

Arrivederci alla prossima puntata per altri mirabolanti frutti esotici!

calendario 2

Visto che tutta la baracca del capodanno cinese è basata sul calendario lunare, mi sono permesso di fare qualche domanda ai nativi per capire come funziona il tutto.
Aiuto! NESSUNO ha la più pallida idea di come funzioni il calendario lunare.
Tutti sanno che si chiama 农历 (nónglì), mentre il calendario normale (Gregoriano) si chiama 公历 (gōnglì), e tutti sanno che il calendario cinese è stato usato per i soliti seimila anni &c. &c.
Qualcuno si è sentito in dovere di dirmi che che altri termini meno usati sono 阳历 (yánglì) “calendario solare” e 阴历 (yīnlì) “calendario lunare”, e che 农历 e 公历 sono termini colloquiali mentre 阳历 e 阴历 sono un po’ più formali.
Allora ho fatto qualche ricerca, e questa è la stupefacente verità: il calendario lunare cinese è in realtà un calendario 阴阳合历 (yīnyáng hé lì) “lunisolare”!
Cioè non è basato unicamente sulle fasi lunari ma incorpora anche elementi dell’anno solare.
Al mondo vengono anche utilizzati dei calendari unicamente lunari, ma questi hanno il difetto che non essendo sincronizzati con i movimenti del sole, perdono il sincronismo con le stagioni.
In un 平年 (píngnián) “anno non bisestile” del calendario lunare cinese ci sono 12 mesi lunari di 30 giorni 大月 (dà yuè) oppure di 29 giorni 小月 (xiǎoyuè), e 354 oppure 355 giorni; il numero di giorni in un anno varia perché il numero di 小月 e 大月 può variare in base a regole troppo complicate per un normale cervello umano.
Siccome in un 太阳年 (tàiyángnián) anno solare ci sono più giorni che nell’anno lunare, ogni 19 anni lunari vengono inseriti sette 闰月 (rùnyuè) “mesi supplementari”, e l’anno diventa di 383 oppure 384 giorni.
Questo risolve il problema del sincronismo con le stagioni, anche se per calcolarsi da soli quando inserire i mesi supplementari ci vorrebbe un supercomputer.
I contadini nei loro lavori agresti hanno bisogno di sapere quando piantare, quando raccogliere; in Italia la questione è risolta con cose del tipo “A San Martino la sementa del poverino”, “Pota e zappa nel febbraio, se vuoi l’uva nel panaro”, “Luna calante marzolina fa nascer l’insalatina”.
Nell’austera Cina medievale, affollata com’era di immortali taoisti ed eroi leggendari, chiaramente non si poteva ricorrere ad espedienti così goliardici, per cui parallelamente ai mesi lunari l’anno venne suddiviso in 24 节气 (jiéqi) “termini solari”.
I 节气 sono calcolati in base a precisi valori della posizione del sole sulla 黄道 (huángdào) “eclittica”, e li cito qui per una ragione be precisa: sui calendari cinesi sono sempre riportati, e per anni mi sono chiesto cosa volessero dire.

  1. 立春 (lìchūn), “inizio della primavera”
  2. 雨水 (yǔshuǐ), “pioggia e acqua”
  3. 惊蛰 (jīngzhé), “risveglio degli insetti”
  4. 春分 (chūnfēn), “equinozio di primavera”
  5. 清明 (qīngmíng), “mente lucida”
  6. 谷雨 (gǔyǔ), “pioggia sul grano”
  7. 立夏 (lìxià), “inizio dell’estate”
  8. 小满 (xiǎomǎn), “grano maturo”
  9. 芒种 (mángzhòng), “sul grano crescono le barbe”
  10. 夏至 (xiàzhì), “solstizio d’estate”
  11. 小暑 (xiǎoshǔ), “piccolo caldo”
  12. 大暑 (dàshǔ), “grande caldo”
  13. 立秋 (lìqiū), “inizio d’autunno”
  14. 处暑 (chǔshǔ), “limite del caldo”
  15. 白露 (báilù), “rugiada bianca”
  16. 秋分 (qiūfēn), “equinozio d’autunno”
  17. 寒露 (hánlù), “rugiada fredda”
  18. 霜降 (shuāngjiàng), “scende il gelo”
  19. 立冬 (lìdōng), “inizio d’inverno”
  20. 小雪 (xiǎoxuě), “piccola neve”
  21. 大雪 (dàxuě), “grande neve”
  22. 冬至 (dōngzhì), “solstizio d’inverno”
  23. 小寒 (xiǎohán), “piccolo freddo”
  24. 大寒 (dàhán), “grande freddo”

Sui calendari cinesi accanto alle normali indicazioni della data e del giorno della settimana, appaiono simboli che fino a prima di scrivere questo post mi erano misteriosi, e che ora vado ad illustrare.
L’inizio del mese lunare viene indicato con numero + 月, quindi per esempio (guardo il calendario che ho davanti a me) sul 16 Febbraio c’è scritto 二月 (èryuè) “secondo mese”. Questo giorno nell’ambito del mese viene indicato come 初一 (chūyī), cioè primo giorno del periodo iniziale.
I periodi sono tre, durano 10 giorni ciascuno e sono: 初 (chū), 十 (shí) “dieci”, 廿 (niàn) “venti”.
Quindi i giorni successivi saranno indicati come 初二 (chūèr), 初三 (chūsān) eccetera fino a 初十 (chūshí) che chiude il primo periodo del mese; inizia quindi il secondo: 十一 (shíyī), 十二 (shíèr), 十三 (shísān), via via fino a 二十 (èrshí) e poi inizia il terzo: 廿一 (niànyī), 廿二 (niànèr) fino a 三十 (sānshí), l’ultimo giorno del mese.
Nel mese di Febbraio al posto di 初六 il giorno 21 è segnato 春分.
Chiaro come il sole! (e la luna)…