Tang’An

Durante la permanenza a 肇兴 (Zhàoxīng) andammo a fare una gita in un altro villaggio 侗 (Dòng) ancora più sperduto, di nome 堂安 (Táng’ān); altitudine circa 1000 metri.
All’ingresso del villaggio c’è un albero con davanti una lapide di pietra la quale riporta la seguente iscrizione:

约翰.杰斯特龙树

约翰.杰斯特龙树简介

约翰.杰斯特龙是世界著名的生态博物馆学家。1952出生于挪威王国的图顿。他是中挪文化合作项目贵州生态博物馆群的科学顾问。为堂安生态博物馆的建设,他不远万里,曾于1995年、2000年两次到堂安进行科学考察,倾注了心血。约翰.杰斯特龙先生尊重侗族人民的风俗习惯,热爱侗族文化,受到了侗族人民的衷心爱戴和诚挚欢迎。2001年4月6日,他在俄罗斯西伯利亚从事研究工作时心脏病突发,猝然去世。他的逝世,是中挪文化合作项目的重大损失。
为了纪念达位国际有人,堂安侗族人民于2002年植下了这棵杉树并称之为”约翰.杰斯特龙树”。

The tree of Joan Jest
“A Brief introduction of Joan Jest”
Mr. Joan jest was born in 1952 at Tulin Norway and grown to a famous eco-museologist. As the scientific consultant of the Sino-Norwegian cooperative eco-museum in Guizhou province, he twice made light of traveling of thousand miles to Tang’An for the research and construction of the Eco-museum in the years of 1995 and 2000. On April 6 2001, as the heavy loss of the Sino-Norwegian cooperative projects, he unexpectedly died from cardiovascular disease when he was researching in Siberia of Russia.
Being esteemed with Dong ethnic custom and lifestyle, joan Jest had a deep love of Dong ethnic culture, and was enthusiastically welcomed to Dong villages.
He had devoted his energy for the construction of Tang’an eco-museum.
To commemorate the international friend Mr. Joan Jest the Dong people of Tang’an planted this Chinese fir in 2002 and named it as “The Tree of Joan Jest”.

Ho anche scovato su internet delle foto del signor Jest:




La seconda foto però ritrae Joan in compagnia di una ragazza non 侗 ma 长角发苗 (cháng jiǎo fā miáo) “Long horned Miao” (link).
Questa minoranza vive sempre nella provincia del 贵州 (Guìzhōu), a nord-ovest, ma non so esattamente dove.

Zhaoxing

Alla fine arrivammo a 肇兴 (Zhàoxīng) in piena notte.
Pur non essendo una meta turistica, la festività aveva attirato un buon numero di turisti, per la maggior parte cinesi.
Si tratta del più grande e antico villaggio Dong che esista, conta più di 3500 abitanti.
L’unica polverosa stradina di montagna che porta al villaggio era quindi relativamente trafficata, e soprattutto la strada principale del villaggio era intasata di auto e persone nonostante la tarda ora.
Trovammo a tentativi un posto dove passare la notte, e devo dire che si rivelò una scelta indovinata perché eravamo non lontano dalla strada principale ma abbastanza riparati dal caos, le stanze erano al terzo piano e il balcone dava su di una piazzetta.
I proprietari poi sono delle persone semplicemente squisite, hanno una bella cucina grande e fanno da mangiare divinamente.
La quantità di piazze e piazzette presenti in questi paesini ha una sua ragione d’essere: qui l’economia, per non dire la sussistenza, è basata sulla coltivazione del riso.
Le piantine di riso vengono raccolte e portate nel villaggio, poi con uno strumento artigianale a pedali i chicchi vengono separati dal fusto.
I chicchi devono poi essere fatti asciugare, c’è bisogno di esporli su di una grande superficie, ed ecco spiegate le piazze.
In quel periodo l’attività principale del villaggio era suonare il 芦笙 (lúshēng), uno strumento musicale fatto con canne di bambù.
Insomma definirlo “strumento musicale” forse è improprio, in quanto al massimo fa due note, una alta e una bassa: “piiiii” e “buuuuu”, e “piiiii” e “buuuuu”, e “piiiii” e “buuuuu” tutto il giorno.
Poi, non si suona mai da soli; ci sono sempre gruppi di almeno una decina di persone, solitamente due gruppi che fanno a gara a chi suona più forte.
A quanto ho capito dalle spegazioni di un abitante del luogo abbastanza brillo, ci sono due tipi di gara di lusheng: primo tipo, i due gruppi vanno su una montagna distante e tentano di farsi sentire nel villaggio soffiando a più non posso nel loro strumento.
Nel secondo tipo, ci si raduna in una delle piazze del paese e via si soffia a pieni polmoni tentando di fare più casino possibile.
Il protocollo prevede che ogni villaggio mandi in giro per gli altri villaggi la sua squadra di suonatori a sfidare le squadre degli altri villaggi.
Infatti per tutto il giorno avevamo notato sulle strade dei camion pieni di gente sorridente, chiedendoci cosa stessero facendo.
Giudicando dall’aspetto (e dalla fiatella) dei suonatori, direi che tutto il movimento in realtà è una scusa per bere l’impossibile.
Imperdibile una scenetta alla quale ho assistito, quando uno dei suonatori ormai ciucco da far paura venne cacciato dai compari perché stava suonando tra le fila della fazione avversaria.
Altra cosa notevole del villaggio sono le torri o pagode che dir si voglia, di cui avevo già scritto in un posto precedente, e che vengono chiamate 鼓楼 (gǔlóu) “Torri dei tamburi”.

Specialità: 糯米 (nuòmǐ) “riso glutinoso”. Pare che un villaggio delle vicinanze sia rinomato come il migliore al mondo per la produzione di riso glutinoso.

Ecco una foto di un ballo tipico, si vedono delle ragazze con il vestito di 亮布, poi ragazzi con il costume tradizionele e anche uno straniero coinvolto forzosamente nella danza nonostante fosse impegnato a reggere il figlioletto in braccio.



link flickr
Ecco poi dei link di altri turisti che hanno fatto foto più belle delle mie: 1, 2, 3, 4.

benzina

Partimmo quindi da 程阳 (Chéngyáng) alla volta di 肇兴 (Zhàoxīng), un villaggio sempre di etnia 侗 (Dòng).
L’intenzione era di arrivare in tempo per assistere ai festeggiamenti della festa di 中秋节 (Zhōngqiūjié) “Mezzo autunno”.
In questa occasione i vari villaggi Dong organizzano delle gare di 芦笙 (lúshēng) “Lusheng“, uno strumento musicale fatto con le canne di bambù.
Ci sarebbe piaciuto molto assistere alle gare, per cui ci mettemmo in cammino di buon’ora.
Avevo il serbatoio della macchina quasi a metà, un’autonomia di più di 200 Km, per cui non mi preoccupai più di tanto della benzina.
Anzi avevamo deciso che quando l’autonomia fosse scesa a 150 Km, allora avremmo incominciato a guardarci attorno per una stazione di servizio.
Sfortuna vuole che per più di 200 Km non trovammo nemmeno una pompa della benzina; nemmeno una pompetta, una tanica, una bottiglia di benzina. Niente.
Chiedendo a destra e a manca, alla fine un poliziotto di un villaggetto di montagna ci indirizzò verso un sobborgo dei dintorni dove c’era una pompa della benzina.
Tutti speranzosi (con autonomia ormai a circa 20 Km) ci inerpicammo per una strada sì asfaltata, ma infestata di maligne buche impossibili da evitare.
Arrivati alla stazione di servizio venimmo accolti dal sorridente gestore, il quale ci informò gentilmente che causa il ponte festivo, l’autobotte della benzina non era passata e quindi di benzina non ce n’era.
Che fare? Disperati, chiedemmo in giro se in paese ci fosse qualcuno che vendeva benzina al dettaglio; in teoria è una cosa abbastanza grave, ma a volte le officine dove fanno riparazioni tengono qualche tanica di scorta.
Sembrava che ci fosse un tizio appena fuori dal paese noto per questo commercio in benzina (se ne deduce che in quella zona l’autista dell’autobotte deve essere un tipo abbastanza volubile).
Cercando di schiacciare il meno possibile sull’acceleratore, riuscimmo ad arrivare in questo postaccio maledetto con una autonomia pari a zero: serbatoio vuoto.
Si trattava del posto più desolato, sporco, polveroso e infame di tutta la provincia.
Tanto per mettere la ciliegina sulla torta, il trafficante di benzina non era in casa.
Ci mettemmo quindi ad aspettare assieme ad un paio di furgoncini e dei ragazzi in moto, tutti bisognosi di carburante.
Aspetta ed aspetta, non arrivava nessuno. Lascio immaginare cosa volesse dire starsene sotto al sole in questo scenario degno di Mad Max (o Kenshiro) con due bambini piccoli.
Il nostro compagno di viaggio, che è una lenza, nel frattempo aveva già fatto amicizia con tutti e ad un certo punto annunciò che andava a comperare la benzina.
Saltò dietro ad una moto guidata da uno dei ragazzi e repentinamente scomparve.
Il tempo passava tra polvere, sole e cambi di pannolino, fino a quando finalmente ritornò con una tanica da 20 litri!
Oh gioia!
Passammo quindi al riempimento del serbatoio con il prezioso (pagato 4 volte il valore normale!) liquido e quindi ripartimmo alla volta della nostra meta.

Chenyang

Da Yangzhou abbiamo poi proseguito per 程阳 (Chéngyáng) “Chengyang”, che è un posto famoso perché territorio popolato dalla minoranza etnica dei Dong.




In passato avevo conosciuto per lavoro un ragazzo Dong, e mi ero stupito di come fosse una persona di carattere dolce e sereno.
Ora ho capito il perché: questa gente vive in piccoli villaggi di case di legno, in un panorama mozzafiato di montagne, in armonia con la natura, nel rispetto delle proprie radici e tradizioni.
Detta così sembra un paradiso, ma certo non sono rose e fiori: la storia recente di questi popoli si intuisce nei fisici gracili dei loro anziani, spesso deformi in seguito alle fatiche della vita in mezzo ai campi.
Recentemente però le cose sono cambiate, anche grazie ai generosi interventi statali, e le condizioni di vita sono migliorate di ordini di grandezza.
Aggiungiamo che in queste zone incominciano ad arrivare anche i turisti, e con i turisti arrivano anche gli schei.
Non c’è ancora turismo di massa; personalmente spero che non si arrivi a certi livelli, per ora il posto è ancora idilliaco.




Noi abbiamo alloggiato in una casa tradizionale di legno a tre piani, mi si dice costruita senza usare nemmeno un chiodo.
Ogni villaggio ha una pagoda che serve come luogo di ritrovo, poi un teatro che serve per le cerimonie festive, matrimoni e via dicendo; il tutto sempre di legno e senza chiodi.
In effetti avvicinandosi in macchina ai villaggi si vede che l’industria del legno è molto sviluppata: dovunque ci sono segherie e tronchi accatastati.
La cosa più bella è stato comunicare con questa gente, constatarne il carattere sereno, che mi ha ricordato per molti versi i tibetani.
E poi l’ambiente, aria pura, le risaie di un verde squillante, la pulizia ovunque, le aie piene di riso e cotone ad asciugare.



Sì perché loro coltivano il cotone, lo filano, lo tessono, lo tingono nell’indaco e poi lo martellano con un martellone di legno fino a farlo diventare brillante, e ci fanno gli abiti della festa.
Il nome esatto è 亮布 (liàngbù), “tessuto brillante”, ed in effetti riflette la luce come la carta stagnola.




Alla mattina presto verso le sette c’è un omino che gira per il villaggio con un gong e ripete: “Sveglia, sveglia! Non fate i pigroni!”
Non ho fatto la domanda ovvia, e cioè se fosse un caso isolato di pazzia oppure un’abitudine del luogo; comunque gli altri abitanti lo trattavano come se fosse una cosa normale.
Specialità: 油茶 (yóuchá) “tè all’olio”, una bevanda energetica fatta con tè, zucchero e palline di riso soffiato fritte nell’olio.

Yangshuo

La prima tappa del viaggio è stata 阳朔 (Yángshuò) “Yangshuo”.
Si tratta di una piccola cittadina un po’ più a sud di 桂林 (Guìlín) Guilin; il turismo è abbastanza sviluppato, ci sono localini, pensioncine abbordabili, gente che affitta biciclette, tutto il necessario per una permanenza di qualche giorno.
Si possono fare delle bellissime gite in bicicletta nei dintorni.
Il piatto tipico è il 啤酒鱼 (píjiǔ yú), il “Pesce alla birra”, praticamente indistinguibile da un normale 烤鱼 ma tanto è l’atmosfera che conta.
Dalla città si parte per andare a fare il giro in barca sul fiume 漓江 (Lí Jiāng), dove vengono fatte il 99% delle foto dei turisti.
Il panorama è stupefacente, il fiume bellissimo, gente simpatica etc… ma stringi stringi, alla fine di foto ne basta una.
Ciononostante eccone ben tre:









Se non si vedono, ecco i link a Flickr: 1, 2, 3.
La gita dura un paio d’ore, e ci si può fermare in qualcuno dei ristorantini che ci sono sulle rive del fiume per il pranzo.
Il punto di arrivo della gita è la strafamosa montagna 九马画山 (jiǔ mǎ huà shān), “Montagna dei 9 cavalli”, della quale non mi sono nemmeno sprecato a fare una foto perché se ne trovano a palate, per esempio qui, qui, qui.
Tra parentesi, sfido chiunque a trovare tutti e 9 i cavalli, la potevano chiamare la montagna delle nove macchie di Rorschach ed era uguale.
Tutto sommato un bel posto, mi spiace solo di non avere avuto abbastanza tempo per approfondire tutte le altre amenità del posto, come i pescatori con i cormorani, scalata delle montagne &c; sarà per la prossima gita.
La mappa ora è un po’ più aggiornata.

viaggio

All’inizio di ottobre in cina c’è stata la festa della Repubblica 国庆节 (Guóqìngjié) e subito dopo la festa di Mezzo Autunno 中秋节 (Zhōngqiūjié), dando origine ad un impressionante ponte festivo protrattosi per ben 8 giorni, una cosa mai vista.
Noi ne abbiamo approfittato per fare un viaggio in macchina con amici; in tutto eravamo 4 adulti e 2 bambini, entrambi di un anno e mezzo.
Abbiamo fatto più di 2000 Km partendo da 惠州 (Huìzhōu) e andando a nord verso 阳朔 (Yángshuò) nel 广西 (Guǎngxī), poi su ancora verso il 贵州 (Guìzhōu) a 肇兴 (Zhàoxīng), passando poi per 桂林 (Guìlín) e infine ritorno a casa.
Sto incominciando a mettere in ordine il milione di foto che abbiamo fatto; sto anche preparando una mappa dell’itinerario percorso su Google Maps (per ora c’è solo un pezzo dell’andata).
Pian piano vedrò di fare un resoconto dettagliato dei singoli posti.