How to f**k the white monkey for fun & profit 101: case study #6

Dove eravamo rimasti?
Il nostro Brambilla Cuor di Leone ormai le ha provate proprio tutte; è pure dimagrito, ha perso qualcuno dei pochi capelli che rimanevano ad ornare la sua augusta capoccia, ha difficoltà a dormire, insomma è ridotto ad uno straccio.
La notte rimane sveglio a fissare il soffitto, mentre il suo cervello come in una maratona di film d’essai gli ripropone l’incessante trafila dei suoi tentativi falliti.
Si consola solo pensando che alla fine, tutto sommato, la Cobram non ha sofferto più di tanto.
Certo non si sono realizzati i favolosi guadagni prospettati, anzi si è perso qualcosina, ma l’azienda è solida, i prodotti ci sono e si vendono.
Però rimane sempre quel pensiero fisso in fondo al cervello che ogni tanto fa capolino mandando raggi colorati da oltre l’orizzonte, facendo intuire un persistente sventolio di quello striscione dai colori sfolgoranti: “IL MERCATO PIÙ GRANDE DEL MONDO”.
Passano i giorni, che diventano settimane e mesi; l’azienda procede tranquilla e di Cina non si parla quasi più, eccetto qualche battutina sarcastica dei dipendenti alla macchina del caffé, ma solo quando il Bramb non è a portata di orecchio.
Un giorno però accade l’impensabile: senza nessun preavviso, come un mago che bussi alla porta di uno Hobbit, ecco che alla porta della Cobram si presenta un cinese.
L’ardito orientale si presenta come signor Z. ed esige un colloquio con il titolare.
Il Brambilla quasi non ci crede: si frega le mani sogghignando e si prepara a rigurgitare addosso al malcapitato tutto l’astio accumulato in anni di soprusi.
Il cinese però esordisce con toni pacati, nel suo italiano fortemente accentato racconta storie di malcapitati imprenditori e dei loro insuccessi nella Terra di Mezzo, storie che ricalcano in maniera impressionante quanto successo alla Cobram.
Addirittura cita nomi che fino a qualche tempo prima deridevano la Cobram per non essere riuscita a sfondare in Cina.
Il Bramb è come ipnotizzato; non pensa più alla sua progettata rivalsa nei confronti di questo rappresentante del popolo da cui si sente tradito. Da una parte si sente quasi violato, dall’altra è sollevato al pensiero di non essere l’unico ad essersi fatto sedurre dalle canzoni delle sirene cinesi.
Il Figlio del Cielo intanto continua imperterrito, passando a descrivere i recenti sviluppi che hanno portato insignificanti città di provincia a diventare capitali del commercio internazionale.
Il governo cinese tiene molto al progresso, all’amicizia tra popoli e ai rapporti commerciali con l’estero.
Al punto che sono state concesse piogge di finanziamenti, sono state fatte detonare barriere doganali, in pratica si sono aperte luminose autostrade dove transitano merci di ogni sorta in entrambe le direzioni.
A questo punto il Brambilla si riscuote dal suo torpore e sbotta: “Ma cosa credi che io non le so queste cose? È tutto bello finché non ci provi davvero, e poi rimani impigliato come un pesce all’amo mentre gli squali ti spolpano fino all’osso!”
L’orientale fa sfoggio della più imperturbabile calma confuciana. È proprio qui che sta il busillis, caro imprenditore italiano: inutile rischiare di persona.
Brambilla rimane folgorato e rimane ad ascoltare a bocca aperta quello che propone il suo interlocutore dagli occhi a mandorla.
Si tratta di un nuovo centro commerciale appena costruito, interamente dedicato al made in Italy. Si trova in una località poco distante da moderne grandi città, collegata ad esse da nuove autostrade e scintillanti treni ad alta velocità.
Il governo cittadino cede spazi completamente aggratis, incluso elettricità e personale.
Sono in via di finalizzazione accordi con il governo provinciale per l’istituzione di zone a trattamento speciale dove parcheggiare le merci importate senza pagare dazi fino al momento in cui ce ne sarà effettivamente bisogno.
Bisogna solo spedire la merce, che volerà via dagli scaffali in men che non si dica.
In pratica: investimenti zero.
Il Brambilla è un po’ sospettoso. È comprensibile, dato che le precedenti sconfitte gli bruciano ancora.
D’altra parte però la nuova prospettiva non gli dispiace: si tratta di un’iniziativa cinese, tutti i rischi sono loro, lui deve solo metterci un container di merce e poi si vedrà.
Non deve nemmeno andare in Cina di persona.
Ma siccome il Bramb è il Bramb, e lui sì che ha fatto la gavetta eccetera, e non si fida di nessuno, chiede di andare a fare un giro conoscitivo sul posto.
“Non c’è nessun problema”, risponde con un sorriso il cinese; “anzi ci andiamo insieme”.
Ecco che si configura l’ennesima missione in Cina, stavolta un poco più in sordina delle precedenti. Il Bramb e qualche altro imprenditorucolo, guidati dal signor Z., visitano questo mall nelle fasi finali della costruzione.
Rimangono tutti impressionati.
Il centro commerciale è a dir poco faraonico, luccicante di marmi e brillante di luci di tutti i colori.
La città è pure carina, anche se mai sentita prima; effettivamente è anche ben collegata ad altre città più grandi, egualmente mai sentite, ma che vantano numeri consistenti in quanto popolazione, GDP eccetera.
Le condizioni poi sono vantaggiosissime: zero affitti, zero costi di manutenzione, elettricità gratis, zero tasse per i primi due anni di attività.
La città poi si prepara a diventare una specie di capitale del commercio internazionale, proprio come Yiwu.
Beh, pensa il Brambilla, un container si può anche mandare. Detto fatto, al ritorno nel Bel Paese si organizza una spedizione di prodotti assortiti.
Questa prima spedizione si deve sdoganare tramite i soliti canali, perché la zona a trattamento speciale non è ancora pronta (**DRIIIN***… primo campanello di allarme).
Arriva il momento dell’inaugurazione: altoparlanti a manetta, striscioni, gran discorsi, risi e bisi.
Il punto vendita COBRAM è un gioiello: lustro e luccicante, bene illuminato, ben due signorine in divisa.
Ma… di “compratori” nemmeno l’ombra.
“Arriveranno”, dice flemmatico Mr. Z.
Ebbene, la facciamo breve… i “compratori” non arriveranno mai, e le folle che hanno invaso il centro commerciale all’apertura erano solo curiosi squattrinati provenientei dalle campagne circostanti.
La “gabola”, come si dice dalle mie parti, è che né al governo cittadino, né al management del mall, a nessuno insomma sin dall’inizio non importava niente degli espositori italiani. Non esistono “compratori”, la città non compare in nessuna mappa delle rotte commerciali.
A tutti quanti importa solo di riempire in qualche modo gli spazi per l’inaugurazione in modo da far vedere che il centro commerciale è un successo.
Perché tutto questo? Per giustificare il prestito ottenuto dal governo centrale.
Infatti il faraonico mall è stato costruito con i soldi che audaci imprenditori cinesi hanno munto da Pechino o dalla provincia sfruttando qualche iniziativa o programma roboante di retorica comunista tipo “Costruire edici commerciali per aggiungere valore alle zone depresse”.
Questo tipo di prestiti prevede poi dei parametri ben precisi tipo “X numero di negozi, Y percentuale di stranieri”.
La verifica dei parametri viene effettuata una sola volta, dopodiché succeda quel che deve succedere.
Ecco cosa voleva veramente mister Z.: d’accordo con il management del mall e con il governo cittadino, l’unico interesse in gioco era riempire i negozi in tempo per l’inaugurazione.
Il seguito della storia è molto triste. Gli accordi con il governo per l’abbattimento dei dazi si rivelano per quello che sono, e cioè fumo e vapore.
Nessuno compera niente, e le merci invece di volare via rimangono appollaiate sugli scaffali a fare polvere.
I successivi container approdati alla dogana sono fermi in attesa che qualcuno paghi i dazi, l’alternativa è rimandare tutto indietro.
Ben presto, le file di luccicanti negozi abbassano le serrande e il grande mall prosegue il suo cammino predestinato, cioè diventare una cattedrale nel deserto che la cattiva manutenzione ridurrà ad un rudere pericolante nel giro di qualche anno.

N.B. quanto scritto l’ho vissuto in prima persona avendo fatto l’interprete al Brambilla di turno

proverbi

Oggi ho ricevuto un messaggio che tra le solite esternazioni riguardanti beghe su ordini e tempistiche non rispettate, riportava questa perla: 冰冻三尺,非一日之寒 (bīng dòng sān chǐ, fēi yī rì zhī hán).
Non si tratta del solito 成语 ma di uno 谚语 (yàn yǔ), un proverbio.
La traduzione letterale srebbe “Per ghiacciare fino a tre piedi (di profondità) non basta un giorno di freddo.”
Qui 尺 (chǐ) è un vecchio amico, presente in 尺寸 (chǐ cùn): “misura, misurazione” e 英尺 (yīng chǐ): “piede”, l’unità di misura imperiale, quella che si sente sempre nei film americani quando c’è un aereo “a tremila piedi”.
Ebbene tutta ‘sta pappina sarebbe “Roma non fu fatta in un giorno”, per dirla con una traduzione naturale.
Chiaramente c’è tutta una disciplina accademica dei proverbi, che non sono idolatrati come i 成语 ma ugualmente spesso sono molto poetici:
蜻蜓低飞江湖畔,即将有雨在眼前 (qīng tíng dī fēi jiāng hú pàn jí jiāng yǒu yǔ zài yǎn qián) “Quando le libellule volano basse tra fiumi e laghi, la pioggia sta per cadere”
朝霞不出门,暮霞行千里 (zhāo xiá bù chū mén, mù xiá xíng qiān lǐ) “Bagliore mattutino non esco di casa, bagliore la sera posso camminare per mille miglia” Questo è un po’ come il nostro “rosso di sera”
E così via, anche questi non finiscono più.

Ventennio

Ohibò, vent’anni dal primo post!
È vero, i primi post sono parecchio caotici e mancano le immagini, perché la prima versione era su GeoCities; poi ci sono stati vari passaggi su altri provider, una storia sofferta.
Aggiungiamo anche che in effetti il blog ha compiuto venti anni in Aprile, ma non è che sto qua tutti i giorni a contare quanto tempo è passato: mi sono accorto solo adesso, ecco.
Comunque, auguri a me!

29: fiori

Oggi parliamo dello stratagemma 树上开花

树上开花 (shù shang kāi huā)

stratagem 31
Stratagemma 29: 树上开花

“树上开花” si traduce letteralmente come “fioritura sull’albero”, “fiori sull’albero”.

Questo stratagemma prevede di presentare qualcosa di insolito o inaspettato per attirare l’attenzione dell’avversario, e poi sfruttare la sua sorpresa per colpirlo.

A differenza di altri stratagemmi dello stesso tipo volti ugualmente a distrarre l’attenzione del nemico con sottili sotterfugi, questo implica l’utilizzo di tecniche spettacolari e mirabolanti.

L’idea alla base di questo stratagemma è sempre la stessa, e cioè usare l’inganno e la sorpresa per sconfiggere l’avversario, ma inducendo il nemico a pensare “questa è troppo grossa, non può essere un trucco”.

La storia cinese è ricca di aneddoti del genere, su tutti citiamo come esempio quanto accadde nel 208 DC durante la 长坂坡大战 (cháng bǎn pō dà zhàn) “Battaglia di Chang Ban”, come raccontato nel 三国演义 (sān guó yǎn yì) “Romanzo dei tre regni”.

Tralascio di proposito tutto il pippone preliminare di chi ha attaccato/tradito/sconfitto/insultato chi, vengo al sodo e cioè alla mossa del generale 张飞 (Zhāng Fēi) “Zhang Fei”, quando il suo superiore 刘备 (Liú Bèi) “Liu Bei” dovette darsela a gambe di fronte all’invincibile 曹操 (Cáo Cāo) “Cao Cao” che lo stava inseguendo intenzionato a suonargliele di santa ragione.

Possiamo solo immaginare la faccia del povero Zhang Fei quando il suo furbo superiore gli ordinò di restare indietro a coprire la ritirata con solo una trentina di soldati a far fronte all’intera armata avversaria.

Comunque il valente Zhang Fei non si perse d’animo e ordinò ai suoi soldati di addentrarsi nella foresta e tagliare dei rami dagli alberi, di legarli ai cavalli e correre avanti ed indietro sollevando più polvere possibile.

Zhang Fei si mise sul ponte che conduceva alla foresta, da solo, sul suo cavallo nero, armato di una sola lancia.

Quando Cao Cao arrivò vide Zhang Fei bello tranquillo sul ponte, mentre dietro di lui un polverone in movimento suggeriva la presenza di un gran numero di soldati. Beh proprio tranquillo no, infatti pare che gridasse con voce tonante “我乃燕人张翼德也!谁敢与我决一死战?” ( wǒ nǎi yàn rén zhāng yì dé yě! shuí gǎn yǔ wǒ jué yī sǐ zhàn?) “Sono Zhang Yide (uno dei suoi tanti nomi) di Yan! Chi osa sfidarmi in combattimento all’ultimo sangue?”.

Fattostà che nonostante la sua leggendaria sagacia, Cao Cao credette che si stesse preparando un’imboscata e ordinò ai suoi di fermarsi, garantendo così il successo della fuga di Liu Bei.

In tempi moderni un ottimo esempio potrebbe essere la trasmissione radiofonica del 1938 quando l’allora quasi sconosciuto Orson Welles ebbe la brillante idea di raccontare “War of the Worlds” come se i fatti stessero accadendo realmente.

In quell’occasione moltissime persone credettero alla trasmissione, fino al verificarsi di episodi di isteria di massa.

Il furbo Orson vide la sua carriera proiettarsi nell’olimpo di Hollywood, con i risultati che tutti sappiamo.

Forse però la plama d’oro va alla “Operation Fortitude” nella WWII, quando gli alleati fecero credere ai nazisti che avrebbero invaso la Norvegia.

Leggendo di cosa furono capaci, viene da pensare che dopotutto gli alleati ebbero anche di che divertirsi: finti carri armati gonfiabili, finti aerei di cartone, finte trasmissioni in codici facili da decifrare, e l’elenco potrebbe continuare a lungo.

Morale che i nazisti abboccarono inghiottendo tutta la lenza, l’amo e la canna, e dando così agli alleati un notevole vantaggio tattico quando invece sbarcarono in Normandia.

How to f**k the white monkey for fun & profit 101: case study #5 (pt.2)

(Questo è il seguito di un precedente post)
Inizia così la spirale verso il baratro, come sempre lastricata da mazzette di banconote.
I cinesi sono ben contenti di avere sempre più ordini; le quantità aumentano sempre, i container arrivano più o meno sempre puntuali, e dall’Italia iniziano a sparire macchinari, competenze, persone, accordi con fornitori di materie prime &c. &c.
Il sagace lettore avrà già intuito dove si va a parare questa volta. Fino a quando durerà tutto questo? Attenzione, ecco che si arriva al punto focale, eccoci alla svolta.
Tutto inizia con un container di un prodotto a caso, per esempio flaconi di shampoo.
L’inizio della fine sono le lamentele di qualche cliente sulla qualità dei flaconi, ma si tratta di casi borderline, che si possono liquidare rispondendo che il prodotto non era stato stoccato in base alle indicazioni fornite. “Eh certo caro mio, se tu tieni la roba in un magazzino troppo freddo (o troppo caldo) lo shampoo poi coagula (o diventa troppo liquido)”, roba così.
Niente di cui preoccuparsi, cose che capitano.
Poi ne arriva un’altra, tipo che il materiale dei flaconi è troppo sottile, le bottigliette si schiacciano troppo facilmente.
Quindi ancora, i tappi non si avvitano bene; poi un’altra rogna, e poi un’altra, una sequela infinita di scocciature.
Ma come è possibile, questi cinesi erano così bravi! Mica possiamo mandare gli ispettori della qualità a controllare tutto quello che fanno! Cosa è successo?
Beh, per farla breve il gioco degli astuti cinesi era proprio questo: assumersi l’onere di eseguire tutta la produzione, a qualsiasi costo, anche in perdita.
Poi, poco per volta, risicare un centesimo di qui, un centesimo di là… ma piano piano, la perfetta incarnazione del principio della rana bollita.
Ora, da qualsiasi angolo si consideri la faccenda, il problema maggiore è il costo del QC: per mantenere uno straccio di qualità i costi dei controlli diventano sempre più alti, al punto che non è più nemmeno conveniente importare il prodotto dalla Cina. Questo è il vero “Elephant in the room”.
Si instaura quindi un circolo vizioso dove il Brambilla di turno quando vede una non conformità squittisce come una pantegana, e dall’altra parte il cinese che minimizza e dice che per implementare una possibile soluzione bisognerebbe alzare i prezzi.
L’unica soluzione possibile, l’unica silver bullet che farebbe tremare le ginocchia al lupo mannaro dagli occhi a mandorla, sarebbe di picchiare il pugno sul tavolo e gridare: “Allora ce ne andiamo. Niente più ordini. Vendetela a qualcun altro la vostra spazzatura.”
Quant volte ho sognato di poter pronunciare questa frase, invece di dover strisciare come un verme e supplicare di consegnare la merce in tempo…
Il fatto è che la stragrande maggioranza delle aziende straniere in Cina (almeno quelle con cui ho lavorato io) non ha abbastanza numeri per poter mantenere due fornitori e passare da uno all’altro quando le cose non sono più soddisfacenti. E questo i cinesi lo sanno benissimo, lo sapevano fin dal primo giorno.
D’altra parte riportare la produzione in Italia sarebbe improponibile: non ci sono più le competenze, i macchinari; mancano le persone, le materie prime, i fornitori eccetera. Inutile dire che i cinesi sapevano benissimo anche questo, anzi questo era proprio il loro obbiettivo, il fine ultimo, il succo del loro piano tattico.
Ora tutto si regge su di un delicatissimo equilibrio, dove la fabbrica cinese si arrovella giorno e notte per mantenere una facciata di apparente efficienza mentre invece tutti gli sforzi sono diretti ad osare sempre di più per effettuare una produzione il più scadente ed economica possibile.
Dall’altra parte l’ingenuo cliente bianchiccio tira tutte le leve in suo possesso per convincere i cinesi a lavorare in maniera decente senza doverli pagare troppo.
Cosa resta da fare ai Brambilli di tutte le nazioni?
Ah non sarò di certo io a trovare la risposta a questa domanda da un milione di dollari; i migliori cervelli del mondo ci hanno provato, pochissimi sono riusciti a portare a casa la pelle intatta (cortese eufemismo per per non parlare di orifizi innominabili).
A me, in quanto ultima ruota del carro e sottoposto alle angherie della checca isterica di turno, non resta che augurare a tutti i Brambilli del mondo tanta, ma proprio tanta fortuna. Ne hanno bisogno.

Riunione

Qualche settimana fa ho fatto da interprete per una riunione tra i vertici di un’azienda di produzione cinese e vari capi e capetti di un’azienda italiana.
Il tutto era online, con gli italiani (me compreso) variamente attrezzati di cuffie e microfoni, mentre i cinesi condividevano uno schermo a parete in una sala riunioni della loro fabbrica.
Un uomo della controparte italiana stava tra i cinesi, con aria visibilmente indispettita già dall’inizio.
La riunione era stata indetta (o “chiamata”, come dicono loro) già da giorni, quindi tutti i partecipanti sapevano della data; non solo, era stata mandata la scaletta con i punti da discutere, senza parlare di tutto il carteggio intercorso in precedenza.
Ebbene il capetto di turno dall’Italia ha esordito subito spruzzando veleno su di una certa particolare faccenda, tra le varie che erano in agenda.
Al che il suo uomo in Cina con calma glaciale lo ha informato che a suo tempo era stato mandato un messaggio con tutti i dettagli. Ecco il perché della sua espressione negativa: evidentemente conosceva il suo pollo e già sapeva cosa aspettarsi.
Tutti quindi hanno dovuto aspettare mentre questo qui davanti a tutti cercava il messaggio sul suo computer, informandoci del procedere dei suoi tentativi con “Ah no non lo trovo”, “Ma a chi l’avete mandato”, “In che data lo avete mandato” e altre esternazioni completamente fuori luogo.
Alla fine dopo avere finalmente trovato il messaggio l’ha dovuto leggere, mentre tutti gli altri si guardavano in faccia fischiettando.
Come si può giustificare qualcuno che pretende di avere voce in capitolo ma non si è tenuto aggiornato sul procedere?
Come è possibile che certa gente si creda in diritto di poter disporre del tempo altrui per fare i propri comodi?
Certo, mi diranno i miei sagaci lettori, ma quando uno è molto impegnato non fa mica in tempo a leggere tutto.
Beh io dico che se è una tua responsabilità e sei tu che devi decidere, se hai voce in capitolo ti senti in diritto di fare la checca isterica ma non sei aggiornato sulla faccenda, allora vuol dire che stai lavorando male.
Con il procedere della riunione poi ad un certo punto questo ha incominciato a saltellare in giro per la stanza lanciando urletti incolleriti. È stato uno dei momenti più imbarazzanti che ricordi.
I cinesi, già notoriamente restii a manifestare emozioni apertamente (e comunque non certo prima di avere tracannato quantità preoccupanti di grappa), non hanno battuto ciglio; forse perché già abituati a certe esternazioni del personaggio, oppure può darsi che avessero deciso in precedenza di mantenere un comportamento dignitoso.
Comunque a giudicare dagli sguardi scambiati di sottecchi penso che l’opinione maturata a riguardo del capetto in questione non fosse troppo lusinghiera.
Ad un certo punto la questione volgeva su di un certo problema tecnico. I cinesi si sono assunti la responsabilità dell’errore.
Nella mia modesta opinione se uno dice “Ho sbagliato, è stata colpa mia”, perlomeno gli si dovrebbe dare atto dell’onestà dimostrata; sicuramente sarebbe inutile rigirare il coltello nella piaga, cercando di ottenere poi che cosa? Un vantaggio tattico? Un senso di superiorità, di affermazione?
Invece è proprio quello che è successo, con il capetto urlatore che pretendeva di sapere perché fosse stato commesso l’errore, chi avesse sbagliato, come fosse stato possibile sbagliare una cosa tanto semplice; il tutto chiaramente con me in mezzo che dovevo tradurre le sue esternazioni.
Bravo,capetto italiano, bravo. Hai avuto la tua affermazione di identità. Hai affermato il tuo (ridicolo) potere.
Sei stato di qualche utilità? Hai contribuito alla situazione?
Bah, che devo dire. Alla fine l’importante è che paghino, poi se tutta la baracca affondasse nell’ignominia comunque non sarebbero problemi miei.
Però alla fine della fiera… che vergogna

frasario

Ecco qui un utile frasario per viaggiatori in Cina, da stampare e portare sempre con sé.
Si tratta di un pratico elenco di termini che potrebbero essere utili in qualsiasi momento; alla bisogna sarà sufficiente mostrare il foglio e puntare con il dito il termine desiderato.

Andiamo ad inizare:

  • 二百五 (èrbǎiwǔ) letteralmente “duecento cinque”, ma usato per indicare una persona stupida o ignorante, ma anche testarda o spericolata, incosciente
  • 人渣 (rén zhā) letteralmente “spazzatura umana”, usato per indicare una persona cattiva o malvagia
  • 傻瓜 (shǎguā) “sciocco”, usato per indicare una persona ingenua o poco sveglia. Leggermente meno insultante ma comunque negativo il derivato 傻瓜蛋 (shǎguā dàn)
  • 公主 (gōngzhǔ) letteralmente “principessa”, usato per indicare una donna che si comporta in modo arrogante o viziato
  • 呆子 (dāizi) letteralmente “stupido”, usato per indicare una persona lenta a comprendere o che ha difficoltà a capire le cose
  • 妓女 (jìnǚ) letteralmente “donna di piacere”, usato per indicare una prostituta. Come succede spesso nelle varie lingue i sinonimi sono abbondanti: 妓子 (jìzi), 妓院女人 (jìyuàn nǚrén), letteralmente “donna della casa di piacere”, 娼妓 (chāngjì), 小姐 (xiǎojie), letteralmente “signorina”, 拉皮条的 (lā pítiao de) letteralmente “colei che si fa pagare per accompagnare”
  • 婊子养的 (biǎozi yǎng de) letteralmente “cresciuto da una prostituta”, usato per indicare una persona che si comporta in modo spregevole o immorale.
  • 恶棍 (ègùn) letteralmente “malvagio”, usato per indicare una persona cattiva o malvagia
  • 愚蠢 (yúchǔn) letteralmente “sciocco”, usato per indicare una persona poco sveglia o che non capisce le cose
  • 流氓 (liúmáng) letteralmente “teppista”, usato per indicare una persona che si comporta in modo violento o criminale
  • 狗圣 (gǒushèng) letteralmente “santo dei cani”, usato in modo ironico per indicare una persona che si crede superiore o molto importante.
  • 狗屎 (gǒu shǐ) escrementi di cane
  • 狗崽子 (gǒu zǎi zi) figlio di cane
  • 狗日的 (gǒu rì de) maledizione, espressione di disprezzo
  • 狗皇帝 (gǒu huáng dì) tiranno, persona arrogante e autocratica
  • 王八蛋 (wáng bā dàn) letteralmente “figlio di testuggine”, usato come “bastardo” come il derivato 王八羔子 (wáng bā gāo zǐ)
  • 白痴 (bái chī) idiota, persona con una grave deficienza mentale
  • 笨蛋 (bèn dàn) stupido, imbecille. Questo si usa talmente spesso che non è nemmeno più un insulto grave, un po’ come noi diremmo “stupidino”. C’è anche la versione affettuosa, come al solito ottenuta con la ripetizione: 笨笨 (bèn bèn)
  • 绿茶婊 (lǜ chá biǎo) ragazza ipocrita, falsa e calcolatrice
  • 蠢货 (chǔn huò) stupido, idiota
  • 贱人 (jiàn rén) persona spregevole, volgare e indegna
  • 杂碎 (zá suì) persona spregevole e disprezzabile
  • 傻屄 (shǎ bī)letteralmente “stupido orifizio vaginale”, stupido

Novella 25

这是老瞎子最知足的一刻,身上的疲劳和心里的孤静全忘却,不慌不忙地喝几口水,待众人的吵嚷声鼎沸,便把琴弦一阵紧拨,唱到:“今日不把别人唱,单表公子小罗成。

Questo era il momento di massima soddisfazione per l’anziano cieco.

Dimenticando la stanchezza del corpo e la solitudine del cuore, bevendo tranquillamente qualche sorso d’acqua, aspettando che l’agitarsi delle persone raggiungesse l’apice, avrebbe pizzicato qualche corda per poi profferire: “Oggi canterò solo del giovane signore Luo Cheng e di nessun altro”.

  • 知足 (zhī zú) “contentezza, soddisfazione, appagamento”
  • 孤静 (gū jìng) “solitudine”
  • 忘却 (wàng què) “scordare, dimenticare”
  • 不慌不忙 ( bù huāng bù máng) “senza fretta, con comodo”
  • 鼎沸 ( dǐng fèi) “agitazione”, solitamente reiferito al ribollire di acqua sorgiva
  • 罗成 (Luó Chéng), protagonista di una storia popolare

”或者:“茶也喝来烟也吸,唱一回哭倒长城的孟姜女。

Oppure: “Bevendo tè e fumando tabacco, canterò della signora Meng Jiang che a furia di piangere ha fatto crollare Grande Muraglia”

Qui si fa riferimento alla leggenda di Meng Jiangnü, felice sposa di Fan Qiang. Fan Qiang fu rapito dai soldati imperiali e costretto a lavorare alla costruzione della Grande Muraglia.

Meng Jiangnü partì alla sua ricerca e alla fine arrivò al sito della costruzione, dove scoprì che suo marito era morto per la fatica e le condizioni disumane a cui erano sottoposti i lavoratori.

Il corpo del marito era stato gettato nell’intercapedine tra il muro estero e quello interno; la grande muraglia infatti è costituita da due muri con lo spazio interno riempito con terra, pietre e residui vari.

Distrutta dalla notizia, Meng Jiangnü iniziò a piangere disperatamente. La sua tristezza era così intensa che il suo pianto causò un terremoto che fece crollare una parte della muraglia, liberando il corpo di suo marito che era celato all’interno.

Meng Jiangnü raccolse il corpo del marito e lo portò a casa per dargli una degna sepoltura.

”满场立刻鸦雀无声,老瞎子也全心沉到自己所说的书中去。

La platea si azzittiva di colpo, e il vecchio cieco si tuffava nella storia che aveva annunciato.

  • 鸦雀无声 (yā què wú shēng) letteralmente “Corvi e uccelli fanno silenzio”, corrisponde al nostro “Si sarebbe sentita volare una mosca”

他会的老书数不尽。

Egli disponeva di una infinità di storie tra cui scegliere.

  • 数不尽 (shù bù jǐn) “innumerevole, infinito”

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Una precisazione: abito abbastanza lontano da Shanghai da non dovremi preoccupare del lockdown, a parte qualche disguido nelle consegne degli acquisti fatti on line.

Pare infatti che la maggior parte della logistica passi da là e ora che da ormai un paio di mesi l’intera città e i suoi venti e passa milioni di abitanti sono bloccati in casa, le conseguenze si fanno sentire.

Ma non voglio parlare di Shanghai: immagino che anche negli angoli più sperduti del mondo la gente incominci ad averne abbastanza di sentire sempre le stesse notizie.

Vorrei invece postare questo:

Ognuno di questi bollini rappresenta un tampone fatto in uno degli infiniti centri sanitari che spuntano come funghi in ogni quartiere della città.

Si arriva, si fa la fila, alla fine c’è un coso montato su un treppiede che dice “Temperatura normale!”; poi un tizio imbardato in una tuta da astronauta organizza il passo successivo in gruppi di dieci, dove al primo viene consegnata un’etichetta adesiva.

Si passa poi al controllo documenti, dove stazionano altri due astronauti. Qui per i cittadini cinesi c’è la macchinetta che con un ‘bip’ legge il 身份证 (Shēnfèn zhèng), il documento di identità. Noi stranierucoli invece dobbiamo recitare nome e cognome, numero di passaporto e di telefono. Inutile dire che ogni volta ci vuole un quarto d’ora prima che il cervello degli astronauti si possa sintonizzare sulle 26 lettere dell’alfabeto.

Superato questo primo ostacolo si avanza verso altri due astronauti, uno dei quali viene chiamato “dottore”: a lui (o lei) va consegnata l’etichetta di cui sopra. Questa viene usata per contrassegnare la provetta che conterrà le bave di tutti e dieci gli appartenenti al gruppo.

In questo modo si fa un controllo solo ogni dieci persone; se salta fuori qualcosa allora tutti e dieci verranno richiamati ad un secondo controllo per stanare il positivo e spedirlo immantinente in qualche centro di detenzione quarantena.

Notare quanto si siano sforzati di rendere il tutto un gioco piacevole, con tanto di animaletti danzanti.

Il mio preferito è quello dell’omino che ha il bunny suit con scritto 必胜 (bì shèng) “dobbiamo vincere”, non è un amore? Viene voglia di dargli fuoco con il lanciafiamme.

Fino a poco tempo fa la collezione dei bollini andava mostrata ai poveretti che sono stati dislocati all’ingresso di qualsiasi posto aperto al pubblico, come prova di essere un bravo cittadino.

Anche il più grullo dei grulli si sarebbe accorto che il sistema però presenta qualche falla, in primis la possibilità di prestare i bollini a chiunque, in secundis la mancanza di data sul bollino stesso, il che unito al fatto che ogni città e distretto se ne era fatti di propri rendeva impossibile un effettivo controllo.

Ecco allora che da qualche settimana i risultati di tutta la manfrina si vedono sulla app del green code, che in realtà è un miniprogram di 微信 (Wēixìn) (wechat), l’onnipresente programma di IM che TUTTI i cinesi hanno sul telefono.

Il suddetto miniprogram esiste dal Febbraio 2020, questa è la schermata iniziale:

Lo scudo dorato significa che si ha completato il ciclo dei vaccini (io ne ho fatti 3, per la cronaca).

All’interno c’è un comando per fare apparire il famoso green code:

Si noti che alla voce 核酸测试 (hésuān cèshì) “Test dell’acido nucleico” ci sono due numeri cerchiati in azzurro: 48h significa che è stato effettuato un test con esito negativo entro le ultime 48 ore. 7d significa che è stato fatto negli ultimi 7 giorni.

Questi due pallini diventano gialli quando i termini scadono, cioè dopo 48 ore il primo e dopo 7 giorni il secondo.

Quando si va in giro da qualche parte in base all’umore dell’incaricato di turno può venire richiesto di mostrare questa schermata.

Sempre in base all’umore del tizio può capitare di dover mostrare anche l’elenco dei tamponi effettuati:

In base a fattori non ancora ben definiti dalla scienza umana, in alternativa, oppure in aggiunta, in certi posti chiedono anche un altro miniprogram:

Ma non è finita! Ce n’è un terzo che risulta dallo scan di un QR code esposto all’ingresso, che può o meno venire richiesto in base a fattori ancora non ben identificati:

Con questo concludo, felice green pass a tutti!

risveglio

Un brusco risveglio ha scosso i nostri fratelli cinesi dopo i bagordi del capodanno.

Il primo giorno del nuovo anno, quelo della tigre, si è giocata la partita Cina-Vietnam per la classificazione ai mondiali di calcio.

Ebbene la Cina ha ripostato una solenne batosta, che comporta l’eliminazione dal torneo. (È la prima squadra ad essere definitivamente eliminata)

I media cinesi sono imbufaliti e ci hanno regalato i migliori articoli mai letti a memoria d’uomo, tra cui questo di cui vado a dare una improvvisata e libera traduzione:

名嘴怒斥国足:还敢回来吗?越南队把中国足球的脸打得啪啪响

Il commentatore rimprovera il calcio cinese: “Non avete il coraggio di tornare, eh? I vietnamiti ci hanno preso a schiaffoni”

国足在12强赛中迎来了关键争夺,这就是与越南队的第2回合较量,虽然双方首回合比赛中,国足曾险胜对手,但是比赛过程却并不轻松。

La nazionale di calcio cinese ha giocato una partita chiave nelle classificazioni, il secondo turno contro la squadra del Vietnam; sebbene al primo turno la nazionale cinese avesse sconfitto di poco l’avversario, la partita non è stata tuttavia facile.

而本场比赛,由于正值大年初一,外界也对比赛更加关注。

Questa partita è stata giocata nel primo giorno del nuovo anno, e all’estero si sta seguendo questo sport sempre di più.

(Tanto per sottolineare l’importanza dell’evento, N.d.T.)

最终,李霄鹏执教的球队1比3输给了越南队,创造了中国足球又一耻辱历史。

Alla fine la squadra allenata da Li Xiaopeng ha perso 1-3 contro la squadra del Vietnam, creando un’altra vergognoso episodio nella storia del calcio cinese.

(Li Xiaopeng ha dato le sue scuse per l’accaduto)

而在比赛过程中,名嘴解说苏东更是一度激烈怒斥中国足球!

Durante la partita il famoso commentatore Su Dong ha persino denunciato ferocemente il calcio cinese!

众所周知,这场比赛前,越南队主教练和球员都曾表示,希望大年初一必须拿下中国队,结束越南队12强赛7轮全败的尴尬纪录。

Come tutti sappiamo prima di questa partita l’allenatore e i giocatori della squadra vietnamita hanno espresso la speranza che la squadra prevalesse sulla squadra cinese il primo giorno del nuovo anno, ponendo fine all’imbarazzante record di sette sconfitte nel corso delle classificazioni.

然而,赛前几乎很少有中国球迷相信,国足真的会输给越南队,毕竟在很多人看来,国足的纸面实力还是远强于越南队,对手赛前的豪言或许也只是一种虚张声势。

Tuttavia, prima della partita, pochi tifosi cinesi credevano che la nazionale di calcio avrebbe davvero perso contro la squadra vietnamita; dopotutto secondo molti la nazionale sulla carta è molto più forte del Vietnamita, e il la retorica pre-partita dell’avversario avrebbe potuto essere solo un bluff.

只是谁也没有想到,越南队确实创造了“奇迹”!

Ma nessuno pensava che la squadra vietnamita poteva fare il “miracolo”!

Seguono descrizioni di momenti salienti della partita.

而此时当场比赛的知名解说苏东在看到国足3球落后的局面当场怒斥,直言越南队的这脚世界波把中国足球的脸打得啪啪响!

In questo momento Su Dong, il noto commentatore, visto che la nazionale di calcio era in svantaggio di 3 gol ha rimproverato la squadra cinese e ha detto senza mezzi termini che la squadra vietnamita ha preso i cinesi a schiaffoni!

而苏东随后还激动地质问:中国队还能回来吗?中国队还敢回来吗?

Su Dong poi eccitato ha detto: “La squadra cinese può tornare? La squadra cinese oserà tornare?”

大年初一越南队由猫变虎,而中国队则被打得由虎变猫!

Il primo giorno del nuovo anno, la squadra vietnamita è passata da gatto a tigre, mentre la squadra cinese è passata da tigre a gatto!

足以看出苏东失望的心情!

La delusione di Su Dong era evidente!

这是中国足球历史上第1次输给越南队,这是中国足球历史上的奇耻大辱,名嘴苏东表示,中国足球这场比赛已经输得体无完肤,而所有人都见证了这个耻辱的历史!

“Questa è la prima volta nella storia del calcio cinese che abbiamo perso contro il Vietnam; questa è una grande umiliazione nella storia del calcio cinese”, dice Su Dong: “Questa partita è stata una completa disfatta, tutti hanno assistito a questa umiliazione!”

不得不说,国足必须从这一刻开始清醒,中国足球的道路走错了,要知道,上一届12强赛国足还能战胜韩国队,而这一届国足却连越南队都踢不过,这4年到底走了多少弯路?

Non ci si può trattenere dal dire che il calcio cinese deve darsi una svegliata, la strada del calcio cinese è tutta storta; bisogna sapere che nelle precedenti classificazioni la nazionale cinese è stata in grado di battere la squadra coreana, ma questa volta contro i vietnamiti non c’è proprio stata partita, quante scelte sbagliate sono state fatte negli ultimi 4 anni?

Caro Su Dong, cari fratelli cinesi, dai su con la vita! Dopotutto è solo un gioco, non è il caso di prendersela così tanto!