Forse sono io che non capisco…
Però mi sembra strano; solitamente chiunque, se dotato di sufficiente perseveranza, a furia di spaccarsi le corna sempre sugli stessi problemi dovrebbe riuscire a capire come superare le difficoltà.
Invece mi capita che ancora oggi, dopo 13 anni che combatto contro fornitori cinesi belli e brutti, ancora oggi (ripetizione per enfasi) mi trovo a non capire perché succedono certe cose.
Scenario: il cliente C. (da “Cliente”) mi chiama dicendo che il suo fornitore, la fabbrica F. (“Fornitore”), ha un problema: il disegno di un certo particolare del prodotto è cambiato ormai da tempo, ma le ultime forniture sono ancora fatte come nel disegno vecchio. Bisogna andare a fondo della faccenda.
Prima di tutto dovrei chiamare la fabbrica F., contattare la signorina S. (“Stronza”) e chiedere le ragioni dell’accaduto.
Con molta riluttanza la S. ammette che in realtà quel particolare non lo fanno loro ma una terza parte “T.”
– “Bene bene”, dico, – “Passami i riferimenti di T., che ci vado a fare una ispezione.”
– “Non si può.”
– “Ma come, non si può?! È un segreto?”
– “Non è un segreto ma non si può lo stesso.”
– “Beh per favore dammi una ragione plausibile. Sono stato incaricato di reperire questa informazione e se non ce l’ho non posso mica rispondere che ‘Non si può’. Spiegami l’arcano e trasferirò a chi di dovere.”
– “Se volete andare da questo fornitore dovete venire qui e una mia collega vi accompagnerà.”
– “Mi spiace ma non è quello che ho chiesto. Non mi interessa andare là assieme alla tua collega (che immagino essere racchia e stronza come te, n.d.t.) Per favore passami la tua collega che ci parlo io.”
– “Adesso non si può. Devo prima chiedere e poi ti faccio sapere.”
– “Va bene, aspetto tue notizie.” e attacco.
Subitamente richiamo il cliente C., mi assicuro che sia seduto per evitare che batta la testa svenendo dalle risate, e riferisco l’accaduto. Mi dice quindi che “Adesso ci pensa lui”.
Passa qualche ora. Ding! Arriva una mail dalla S., contenente (sorpresa sorpresa) una scansione di un biglietto da visita… ma solo del retro! Contenente uno sberleffo di frase augurale e chiaramente nessun accenno al nome, indirizzo, telefono etc…
Reprimo a stento l’istinto che mi porterebbe a commettere un omicidio al telefono e invece racconto l’accaduto a C.; gli raccomando cautela perché visto come sta procedendo la cosa, sicuramente c’è sotto qualcosa di losco e si rischia di mandare all’aria la collaborazione. “Non c’è problema! Ci penso *IO*!”, mi dice.
Vabbé, penso tra me, lasciamo che se la sbroglino tra loro.
Passa ancora del tempo. Ri-Ding! Altra mail, stavolta con il fronte del biglietto da visita. E un sinistro avvertimento: il fornitore T. non parla né inglese né tantomeno (ma guarda te) l’italiano.
Ri-richiamo quindi la S.: – “Ohibò cara S., ma che problema c’è? Ci son qua io!”
E ora la perla: – “T. parla solo dialetto.”
(Ha-ha! Ma con chi credi di parlare?) – “Dai non fa niente, tanto sono abituato, anche mia suocera parla solo dialetto.”
– “T. non è abituato a parlare con gli stranieri” (e ci credo, me lo stai dipingendo come una specie di sub-umano appena sceso dall’albero)
– “Senti S., se non vuoi che ci vada mi devi dire perché, se no tutta questa tiritera io la riporto pari pari al C. mettendo in copia anche il tuo capo e poi saranno grane per tutti.”
Insomma per farla breve, alla fine vado dal T., che scopro essere un omino abbastanza affabile nonostante le fuorvianti impressioni della S.
Una volta arrivato nella sua classicissima baracca di lamiera con pavimento in terra battuta sperduta nel mezzo del nulla cosmico e stabilito un protocollo di comunicazione, si arriva al nocciolo della questione.
La morale della storia è che il T. aveva ammassato una quantità inverosimile del suddetto particolare nella vecchia versione, forse dopo avere male interpretato qualche articolo visto sul telefonino riguardo i vantaggi dell’economia di scala.
Il cambiamento del disegno era stato un brutto colpo, e non sapendo cosa fare era ricorso ai metodi cinesi: offuscare il tutto in una nebbia di finti problemi e sperare nel miracolo, mentre il F. gli reggeva bordone.
Soprassediamo sulle domande che sorgerebbero naturali, prima tra tutte: “Ma cosa speravi di ottenere?”
Passiamo invece alla soluzione… Rendere semplicemente nota la questione al C. e negoziare una fornitura ad esaurimento scorte per poi passare al nuovo disegno. Iperbolico, vero? Ah se non ci fossi io a tirare fuori questi conigli dal cappello…
Inutile insistere sul fatto che se la storia veniva fuori il giorno stesso del cambiamento del disegno si sarebbe risparmiata un’infinità di tempo e rotture di scatole… ma tant’è, pure io devo magnà, no?