recinto

Ecco un famoso 成语 (chéngyǔ):


亡羊补牢 (wáng yáng bǔ láo)

  • 亡 (wáng) “morte, perdita, sparire”: 灭亡 (miè wáng)”estinguere” come in 恐龙灭亡 (kǒng lóng miè wáng) “l’estinzione dei dinosauri”
  • 羊 (yáng) “pecora, ovino”; infatti 山羊 (shānyáng) è “capra”
  • 补 (bǔ) “riparare, correggere”: 补偿 (bǔcháng) “compensare, risarcire”; 补丁 (bǔdīng) “pezza, toppa”; 补充 (bǔchōng) “integrare, completare”
  • 牢 (láo) “prigione, recinto”: 坐牢 (zuò láo)”imprigionato”

Letteralmente significa “Riparare il recinto dopo che la pecora è scappata.”

Il bello di questa frasetta è che si può usare in più modi:

  1. Esortativo tipo “Non è mai troppo tardi per correre ai ripari (in seguito ad un problema)”: 没事了,可以亡羊补牢 (Méishìle, kěyǐ wángyángbǔláo)
  2. Derogatorio: “Ueh pirla, è inutile che ti affanni adesso che è troppo tardi”: 你怎么笨,就是亡羊补牢 (Nǐ zěnme bèn, jiùshì wángyángbǔláo)
  3. Preventivo, nei suggerimenti: “Meglio che facciamo qualcosa adesso prima che sia troppo tardi”: 不要亡羊补牢 (Bùyào wángyángbǔláo)

Esistono versioni diverse riguardo alle origin di questo motto.

Secondo alcuni questa perla viene dal 列子 (Lièzǐ) “Liezi”, un libro scritto da 列御寇 (Liè yù kòu) “Lie Yukou” nel periodo dei Warring States (战国时期 Zhànguó shíqí , 475-221 A.C.), un tempo di eroi e gesta leggendarie, grande sviluppo letterario e pecore molto intraprendenti.

Nel libro è raccontata la storia di un pastore che appunto trascura di riparare un buco nel recinto delle pecore, quindi una di queste scappa, dopodiché lui ripara il recinto.

Praticamente è come una una favola di Esopo, ma in un libro che in realtà è un trattato filosofico taoista. Infatto l’autore poi prosegue con tutta la pippa di come certe cose vadano fatte per tempo eccetera. Comunque le generazioni successive hanno sublimato la storiella in un motto, e così è arrivata fino a noi.

Il libro è considerato uno dei capisaldi del taoismo assieme al 道德经 (Dàodé jīng) “Dao De Jing” di 老子 (Lǎozi) “Laozi” (di cui esistono innumerevoli versioni online) e al 庄子 (Zhuāngzi) “Zhuangzi”, il libro scritto da se stesso, infatti l’autore si chiamava proprio 庄子.

In realtà pure l’autore del Liezi viene indentificato con il nome del libro, come ulteriore riprova che i cinesi antichi non avevano tempo per badare a certi dettagli secondari, occupati com’erano a combattersi l’uno con l’altro e rincorrere pecore fuggitive.

Il Liezi si differenzia dagli altri per l’utilizzo di allegorie e metafore per spiegare concetti filosofici; è ricco di storie popolari, miti e leggende, tutti intesi a rappresentare valori educativi e di grande significato filosofico.

Un’altra versione parla del 战国策 (Zhànguó cè) “Strategie dei regni combattenti”.

Ai tempi, nel regno di 楚 (Chǔ) “Chu” un ministro di nome 庄辛 (Zhuāng xīn) “Zhuang Xin” disse al re 襄 (Xiāng) “Xiang” che stava facendo troppo lo sciolto con i suoi amici ricchioni (同性恋, tóngxìngliàn) invece di seguire i problemi dello stato.

Per esempio, pare che la città di 郢 (Yǐng) “Ying” (la loro capitale) fosse in pericolo di essere invasa da qualcuno degli altri stati (cosa che a quanto pare capitava un giorno sì e l’altro pure).

Il re a sentirsi dare del ricchione montò su tutte le furie e ne disse di tutti i colori al buon Zhuang Xin.

Questi rispose che se ne sarebbe andato a nascondersi nel vicino regno di 赵 (Zhào) “Zhao” per vedere cosa sarebbe accaduto.

Detto fatto, Zhuang Xin ristette a Zhao per soli cinque mesi, dopodiché il regno di 秦 (Qín) Qin invase Chu, e il re Xiang fu costretto ad andare in esilio.

Mandò allora a chiamare Zhuang Xin per chiedergli consiglio. Zhuang Xin rispose con una filippica sui doveri del sovrano e gli smollò anche il proverbio di cui sopra, non si sa in quale delle tre accezioni.

Morale che comunque sono delle belle storielle e il proverbio salta fuori spesso anche nella conversazione normale.

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