biglietto

Forse sono io che non capisco…
Però mi sembra strano; solitamente chiunque, se dotato di sufficiente  perseveranza, a furia di spaccarsi le corna sempre sugli stessi problemi dovrebbe riuscire a capire come superare le difficoltà.
Invece mi capita che ancora oggi, dopo 13 anni che combatto contro fornitori cinesi belli e brutti, ancora oggi (ripetizione per enfasi) mi trovo a non capire perché succedono certe cose.
Scenario: il cliente C. (da “Cliente”) mi chiama dicendo che il suo fornitore, la fabbrica F. (“Fornitore”), ha un problema: il disegno di un certo particolare del prodotto è cambiato ormai da tempo, ma le ultime forniture sono ancora fatte come nel disegno vecchio.  Bisogna andare a fondo della faccenda.
Prima di tutto dovrei chiamare la fabbrica F., contattare la signorina S. (“Stronza”) e chiedere le ragioni dell’accaduto.
Con molta riluttanza la S. ammette che in realtà quel particolare non lo fanno loro ma una terza parte “T.”
– “Bene bene”, dico, – “Passami i riferimenti di T., che ci vado a fare una ispezione.”
– “Non si può.”
– “Ma come, non si può?! È un segreto?”
– “Non è un segreto ma non si può lo stesso.”
– “Beh per favore dammi una ragione plausibile. Sono stato incaricato di reperire questa informazione e se non ce l’ho non posso mica rispondere che ‘Non si può’. Spiegami l’arcano e trasferirò a chi di dovere.”
– “Se volete andare da questo fornitore dovete venire qui e una mia collega vi accompagnerà.”
– “Mi spiace ma non è quello che ho chiesto. Non mi interessa andare là assieme alla tua collega (che immagino essere racchia e stronza come te, n.d.t.) Per favore passami la tua collega che ci parlo io.”
– “Adesso non si può. Devo prima chiedere e poi ti faccio sapere.”
– “Va bene, aspetto tue notizie.” e attacco.
Subitamente richiamo il cliente C., mi assicuro che sia seduto per evitare che batta la testa svenendo dalle risate, e riferisco l’accaduto. Mi dice quindi che “Adesso ci pensa lui”.
Passa qualche ora. Ding! Arriva una mail dalla S., contenente (sorpresa sorpresa) una scansione di un biglietto da visita… ma solo del retro!  Contenente uno sberleffo di frase augurale e chiaramente nessun accenno al nome, indirizzo, telefono etc…
Reprimo a stento l’istinto che mi porterebbe a commettere un omicidio al telefono e invece racconto l’accaduto a C.; gli raccomando cautela perché visto come sta procedendo la cosa, sicuramente c’è sotto qualcosa di losco e si rischia di mandare all’aria la collaborazione. “Non c’è problema!  Ci penso *IO*!”, mi dice.
Vabbé, penso tra me, lasciamo che se la sbroglino tra loro.
Passa ancora del tempo. Ri-Ding!  Altra mail, stavolta con il fronte del biglietto da visita. E un sinistro avvertimento: il fornitore T. non parla né inglese né tantomeno (ma guarda te) l’italiano.
Ri-richiamo quindi la S.: – “Ohibò cara S., ma che problema c’è?  Ci son qua io!”
E ora la perla: – “T. parla solo dialetto.”
(Ha-ha!  Ma con chi credi di parlare?)  – “Dai non fa niente, tanto sono abituato, anche mia suocera parla solo dialetto.”
– “T. non è abituato a parlare con gli stranieri” (e ci credo, me lo stai dipingendo come una specie di sub-umano appena sceso dall’albero)
– “Senti S., se non vuoi che ci vada mi devi dire perché, se no tutta questa tiritera io la riporto pari pari  al C. mettendo in copia anche il tuo capo e poi saranno grane per tutti.”
Insomma per farla breve, alla fine vado dal T., che scopro essere un omino abbastanza affabile nonostante le fuorvianti impressioni della S.
Una volta arrivato nella sua classicissima baracca di lamiera con pavimento in terra battuta sperduta nel mezzo del nulla cosmico e stabilito un protocollo di comunicazione, si arriva al nocciolo della questione.
La morale della storia è che il T. aveva ammassato una quantità inverosimile del suddetto particolare nella vecchia versione, forse dopo avere male interpretato qualche articolo visto sul telefonino riguardo i vantaggi dell’economia di scala.
Il cambiamento del disegno era stato un brutto colpo, e non sapendo cosa fare era ricorso ai metodi cinesi: offuscare il tutto in una nebbia di finti problemi e sperare nel miracolo, mentre il F. gli reggeva bordone.
Soprassediamo sulle domande che sorgerebbero naturali, prima tra tutte: “Ma cosa speravi di ottenere?”
Passiamo invece alla soluzione…  Rendere semplicemente nota la questione al C. e negoziare una fornitura ad esaurimento scorte per poi passare al nuovo disegno. Iperbolico, vero? Ah se non ci fossi io a tirare fuori questi conigli dal cappello…
Inutile insistere sul fatto che se la storia veniva fuori il giorno stesso del cambiamento del disegno si sarebbe risparmiata un’infinità di tempo e rotture di scatole… ma tant’è, pure io devo magnà, no?

notai

Chi mi conosce sa che non ho una buona opinione dei notai.
In effetti questo è un eufemismo; per tanti anni ho sostenuto appassionatamente che la soluzione migliore sarebbe stata di catturarli tutti con delle trappole, usando come esca delle mazzette di soldi finti; poi metterli su un’isola abitata da cannibali e belve feroci e lasciare che se la sbrigassero da soli.
Qualche telecamera nascosta qua e là avrebbe assicurato un successo mondiale e sicuramente qualche Oscar ad un’edizione apposita dell'”isola dei famosi”, per l’occasione chiamata “L’isola della Giustizia Divina”.
Con l’età mi sono ammorbidito, non sono più così sanguinario come una volta; ora mi accontenterei di chiuderli tutti in una colonia penale tipo la Cayenne e lasciarli semplicemente a marcire ai lavori forzati.
Ora, non è che abbia qualcosa contro i notai di per sé; anzi sono convinto che svolgano compiti utili e necessari.
Nemmeno mi voglio dilungare sugli aspetti della questione che considero negativi, perché sono evidenti e sotto gli occhi di tutti.
Vorrei solo aggiungere alla discussione la mia personale esperienza con i notai in Cina, paese sì comunista, ma che ha deciso di fondare il suo sistema giuridico sul Diritto Romano, ed in particolare (udite udite) ha scelto proprio l’Italia come faro illuminante.
Ebbene, anche in Cina esistono gli studi notarili “公证处” (gōngzhèng chù), in tutte le città, e funzionano come un qualsiasi servizio pubblico. I notai sono pubblici ufficiali, dopotutto. Anche in Italia. Anche se in Italia operano come professionisti. Anzi, come una gilda medievale.
Quando in Cina si ha bisogno del notaio, si va allo studio notarile. Niente appuntamenti, niente salamelecchi, niente richieste di udienza, niente mal di pancia.
Si arriva in uno stanzone con file di poltroncine da una parte e una serie di porte dall’altra; ogni porta si apre su un ufficetto. Arrivi lì con le tue carte, prendi il numerino e ti siedi ad aspettare.
Quando sul tabellone appare il tuo numero entri, ti presenti ed esponi la tua situazione.
Non vorrei generalizzare troppo ma quando mi è successo di andare di persona, ho sempre trovato persone competenti e disponibili. Magari non sono tutti così. E magari nemmeno quelli che ho incontrato in patria erano un campione rappresentativo. Ma se devo trarre una conclusione dalle mie esperienze personali, direi che la controparte italiana potrebbe trarre un significativo beneficio imitando l’attitudine dei colleghi cinesi.
Arriviamo alla parte succosa, e cioè la parcella.
Ecco una semplice tabella comparativa dei soli atti immobiliari, presa da fonti ufficiali:

Costi cinesi

Valore (RMB) Percentuale
0 ~ 500,000 RMB 0.3%
500,001 ~ 5,000,000 RMB 0,25%
5,000,001 ~ 10,000,000 RMB 0,2%
10,000,001 ~ 20,000,000 RMB 0,15%
20,000,001 ~ 50,000,000 RMB 0,1%
50,000,001 ~ 100,000,000 RMB 0,05%
> 100,000,001 RMB 0,01%

Costi italiani

Valore (EUR) Percentuale
5.000,00 ~ 25.000,00 7,66%
25.001,00 ~ 500.000,00 1,078%
500.001,00 ~ 1.000.000,00 0,440%
1.000.001,00 ~ 3.500.000,00 0,210%
3.500.001,00 ~ 5.000.000,00 0,140%

Cosa è possibile evincere da quanto esposto finora?
Di primo acchito, direi che il notaio cinese non si potrà permettere poltrone in pelle umana e scrivanie Luigi XIII.
Secondo, che pur essendo il notaio cinese un funzionario serio e rispettato, non è necessario effettuare richiesta di udienza manco fosse il Papa.
Quarto, che il notaio cinese, a differenza di quello italiano, fa qualcosa. Cioè, effettivamente porta dei contenuti concreti: aiuta, consiglia, si prende delle responsabilità. Inaudito, vero?
Quinto e ultimo: come può pretendere una nazione come la nostra, ancora succube di pastoie medievali di questo tipo, ad avere qualche speranza di competere sul mercato mondiale?

millimetri

Si va dal fornitore ad effettuare un’ispezione per un prodotto che monta delle righe millimetrate.
Ora, ai non iniziati questo dettaglio potrebbe sembrare insignificante.
In fondo che sarà mai una riga millimetrata? Un millimetro è un millimetro, uguale per tutti.
E invece si scopre che su molte di queste righe a fine scala c’è un errore di un millimetro, a volte 1.5.
Si controllino i disegni tecnici! Parte di corsa diretta verso gli “uffici” (una stanzuccia ricavata da un prefabbricato) la responsabile del controllo qualità.
Trattasi di una ciccionazza insopportabile con la voce da gallina e gli occhi da serpe, già nota per considerare il suo lavoro una fastidiosa seccatura che la distoglie dalle sue occupazioni preferite, e cioè dormire e spupazzarsi il telefonino.
Con somma sorpresa si constata che il disegno tecnico riporta una tolleranza, che è di 0.7 mm su due metri.
Viene istantaneamente sollevato un polverone che se fosse stato reale e non una figura poetica, sarebbe stato paragonabile a quello causato dall’asteroide che causò l’estinzione dei dinosauri. Gridano, si rifiutano di continuare, non vogliono spedire, minacciano di smettere la produzione.
Scrivono mail infuocate nelle quali pretendono che il cliente dall’estero mandi loro delle righe millimetrate da montare, oppure che accetti il prodotto senza di esse.
A questo punto si organizza una seconda spedizione in forze, con intenti però diplomatici.
ruler OK (1)
La delegazione composta da me e dal collega “tecnico” di turno viene ricevuta dalla suddetta ciccionazza e dal suo capo, un tizio tignoso e magro dallo sguardo obliquo, del tipo che se ti passa accanto in strada subito controlli se hai ancora il portafogli.
Partecipa anche il “direttore commerciale”, un altro tizio pure ciccionazzo che tanto non fa differenza perché non stacca gli occhi dal telefonino.
Unica luce in fondo al tunnel, il ragazzo che hanno appena assunto e che devo dire essere un vero prodigio: parla inglese come se nulla fosse, ha una formazione tecnica e… incredibile… quando gli parli , ti ascolta! Annuisce! RISPONDE!
ruler NOT OK
Dopo i convenevoli e le lamentazioni di rito, durante le quali ci vengono elencate le disastrose conseguenze della presente crisi, tocca a noi… ed inizia la fase che in fondo preferisco: “Noi siamo qua per aiutarvi”.
Come al solito esordisco con delle caute domande riguardo alle loro modalità di accettazione merce.
Risulta che vengono fatti dei controlli “a campione”. Bene, dico, quali controlli?
Il silenzio imbarazzato della ciccionazza è molto eloquente.
Mi trattengo dal prorompere in quella che sarebbe la risposta più naturale e cioè “Allora brutta strega, finalmente abbiamo capito chi dobbiamo prendere a calci sui denti.”
Molte spiacevoli esperienze però mi hanno insegnato che in queste situazioni la cosa più importante è ignorare la cosa per evitare di far perdere la faccia al malcapitato; in caso contrario ci si sarà creati un pericoloso nemico.
Quindi invece sorvolo abilmente e dico “Potremmo intervenire noi e proporre un metodo per i test di accettazione. In questo modo saremmo sicuri della qualità del prodotto e il cliente sarebbe soddisfatto.”[1]
Parte quindi la spedizione (piuttosto fantozziana devo dire) al workshop, dove si mostra la superiore competenza tecnica occidentale misurando la riga millimetrata con un metro da muratore.
ruler NOT OK
Vengono scattate anche delle foto, alle quali vengono aggiunti dei commenti in rosso. Le foto vengono inviate al magrolino tignoso il quale con somma gioia esclama: “Adesso sì che possiamo fare i controlli!”.
Incredibile o meno questo è bastato e risolvere la situazione; evidentemente si trattava solo di un problema di rapporti interpresonali, dove nessuno voleva ammettere le proprie colpe e tantomeno sobbarcarsi una responsabilità in più.
Ho riportato qui le foto che hanno reso possibile il miracolo, con la partecipazione straordinaria del pollicione di “yours truly”.

Note:
[1] Questo equivale a dire “Ci assumiamo noi la responsabilità”, cosa che alle orecchie del fornitore cinese medio suona più o meno come “Hai vinto una vacanza all inclusive alle Barbados.”

Arte della Guerra 1

Con questo inizia una serie di post tratti dal libro che ho scritto e pubblicato:


L

I post non saranno pubblicati in un ordine particolare; questo primo post per esempio riguarda una storiella che fa parte dell’appendice.

Prima o poi renderò disponibile anche l’intero testo in formato epub.

L’esercito delle donne

Il seguente aneddoto è riportato dallo storico Si Ma Qian; si svolge nel periodo in cui i generali della nazione di Wu premevano per muovere guerra contro la nazione di Chu, ma il re tentennava. 

Sun Zi era era nativo dello stato di Qi e in seguito alla fama conseguita scrivendo il suo libro He Lu, il re della nazione di Wu, lo chiamò al suo cospetto e disse: “Ho letto attentamente i tuoi 13 capitoli.  Mi sarebbe lecito sottoporre le tue teorie di gestione dei soldati ad una prova?”

Sun Zi rispose che era disposto a sottoporsi alla prova.

Quindi il re chiese: “Potremmo fare la prova con delle donne?”

Sun Zi ancora rispose affermativamente; vennero quindi chiamate 180 dame dal palazzo reale.  Sun Zi le divise in due compagnie, ponendo una delle due favorite del re a capo di ciascuna compagnia. Quindi distribuì lance e spade, e alla fine chiese loro: “Immagino che conoscerete già la differenza tra davanti e dietro, destra e sinistra?”

Le ragazze risposero affermativamente.

Sun Zi continuò: “Quando dico ‘guardare avanti’, voi dovrete guardare dritto avanti a voi.  Quando dico ‘girare a sinistra’, dovrete girarvi a sinistra.  Quando dico ‘girare a destra’, vi girerete a destra.  Quando dico ‘dietrofront’, vi girerete dalla parte opposta.”  Le ragazze assentirono nuovamente.

Finita la spiegazione, iniziò l’esercizio.  Al suono dei tamburi, egli diede l’ordine: “Girare a destra!”

Le ragazze però scoppiarono a ridere, e Sun Zi disse: “Se i comandi non sono chiari, e gli ordini non sono compresi, la colpa è del generale.”

Quindi ripeté la spiegazione, e ricominciò l’esercizio.   Quando diede l’ordine “Girare a sinistra!” nuovamente le ragazze si misero a ridere.

Egli disse: “Se i comandi non sono chiari, e gli ordini non sono compresi, la colpa è del generale.  Ma se gli ordini sono chiari, e i soldati comunque non obbediscono, allora la colpa è degli ufficiali.”

Detto questo, ordinò che i comandanti delle due compagnie fossero decapitati.  In quel momento il re stava osservando le manovre dal suo baldacchino sopraelevato; quando vide che le sue concubine preferite stavano per essere uccise, si agitò parecchio e mandò un messaggio urgente: “Siamo soddisfatti dell’abilità del generale nel comandare le truppe.  Se saremo privati dalle nostre due concubine, la carne e le bevande perderanno il loro sapore.  È nostro desiderio che esse vengano risparmiate.”

Sun Zi rispose: “Sono stato investito della carica di generale di queste forze di Sua Maestà, e in quanto tale ci sono ordini di Sua Maestà che non sono in grado di accettare.”

Si procedette quindi all’esecuzione delle due concubine, dopodiché altre due vennero promosse a comandanti di compagnia.  

Fatto questo, rullarono i tamburi segnalando nuovamente l’inizio dell’esercitazione.  Le ragazza stavolta si comportarono in maniera esemplare, girando a destra o a sinistra, marciando in avanti e all’indietro, in ginocchio o in piedi, con perfetta precisione, senza emettere un suono.

Quindi Sun Zi mandò un messaggio al sovrano: “I suoi soldati, o Sire, sono ora adeguatamente addestrati e disciplinati, e pronti per l’ispezione di Sua Maestà.  Possono essere impiegati per qualsiasi incarico di cui Sua Maestà necessiti; ordinate loro di scagliarsi nell’acqua o nel fuoco, e non si azzarderanno a disobbedire.”

Il re rispose: “Il generale cessi le esercitazioni e ritorni all’accampamento.  Non abbiamo desiderio di effettuare l’ispezione.”

Sun Zi disse: “Il re ama solamente le parole, ma non è in grado di farle diventare fatti.”

In seguito all’episodio il re He Lu si convinse che Sun Zi era effettivamente in grado di comandare un’armata contro Chu, e quindi lo investì dell’incarico di generale.  

In seguito egli sconfisse la Nazione di Chu e prese la loro capitale, Ying; ispirò timore nelle nazioni di Qiu e Jin al Nord, e la sua fama dilagò tra gli altri principi feudali.

linguistica

Vivere in una famiglia mista porta spesso a situazioni divertenti, si sa.
A metà tra il divertente e l’orrido stanno le contaminazioni linguistiche: parole italiane che vengono usate in frasi cinesi e viceversa, e anche storpiature e prese in giro che spesso risultano interessanti.
Di seguito un piccolo elenco delle mostruosità linguistiche di uso comune in casa nostra.

Baoàno, nm., guardia; pl. Baoàni; f. Baoàna, Baoàne. Traslitterazione da 保安 (bǎo’ān). Si vocifera che esistano anche i “Baoanìni” ma non esistono fonti accreditate, per cui potrebbe anche trattarsi solo una leggenda metropolitana.

Sciguà, nf., anguria, traslitterazione da 西瓜 (xī guā). In sé un termine abbastanza banale, ma presentante i notevoli derivati Sciguìno, piccola anguria; Sciguàzza, anguria non matura, poco dolce o comunque non piacevole al palato.

Rozònzo, nm. una polpetta di riso avvolta in foglie di pianta acquatica e con un ripieno di carne; da 肉粽子 (ròu zòngzi); pl. Rozònzi. N.B. il ripieno di carne è usato solo in alcune parti della Cina, mentre normalmente si usa il 大枣 (Dà zǎo) “Giuggiola”, che conferisce un sapore dolce.

Schifàn, nm. zuppa di riso bollito e strabollito fino a diventare una pappetta immangiabile, ragion per cui si sospetta una epentesi dalla traslitterazione diretta “Scifan” di 稀饭 (xī fàn) “zuppa di riso”.

Suròngo, agg. solubile; Caffè surongo, da 素荣咖啡 (sù róng kāfēi) “Caffè solubile”. Principalmente usato per distinguere il caffè vero da quello in bustina; anche come peggiorativo — Ciofeca. Questo caffè è un surongo! (cit. Totò)

Bìng, nm. focaccia, da 饼 (bǐng); il lemma presenta numerosi derivati come per esempio: la Bingtèlla, che sarebbe qualsiasi tipo di Bing con la Nutella; la Marmellatèlla, il Bing con la marmellata; la Nientèlla, quando è finita sia la Nutella che la marmellata.

Cifizzàre, v.t. infastidire, maltrattare; da 欺负 (qīfù), fare il prepotente, prevaricare; — Non avvicinarti al gatto, l’ho appena cifizzàto ed è ancora INCAZZATO COME UN COBRA.

ragnarok

Catastrofe!

Pensando di fare una bella cosa, ho fatto un po’ troppi aggiornamenti sul VPS che ospita queste mie umili lamentazioni, e ho inchiodato tutto.  Niente server, niente ssh, niente connessione, niente.  Un mattone.

Fosse stato solo per il blog, vabbè… ma c’era ben altro arrosto bruciato in mezzo a tutto quel fumo.

Ciliegina: niente backup!  Avevo una procedura automatica che avrebbe dovuto fare una copia di tutto, ma ho scoperto (nel modo peggiore) che praticamente era come non averla.  Che vergogna…

Mi ci è voluto un pochino ma alla fine ho rimesso in piedi tutto quanto.

E ho anche installato un nuovo theme di wordpress!  :D

Marchio

Per festeggiare il ritorno dalla vacanza in Italia ho pensato bene di fare una piccola rivoluzione sul server: tutti i link che prima erano

http://www.asiafreaks.net/wp

hanno perso la parte finale:

/wp/

Questo con buona pace dei (tre) lettori che avevano fatto il bookmark, ma che ci vogliamo fare! Bisogna stare al passo!

Torniamo a noi… ebbene sì, quest’anno ci siamo sparati un mese e 5 giorni di vacanza in Italia. Quando si saranno quietate le grida di sorpresa del pubblico, dirò quello che dico sempre in questi casi, e cioè che a fare il freelance ci sono vantaggi e svantaggi.

Per finire: oggi ho una storiella divertente, ha ha ha, chiaramente non per il protagonista.

Si tratta di una azienda della quale taceremo la nazionalità se no sembra di sparare sulla croce rossa, che aveva avviato grandi affari facendo produrre la propria mercanzia da un fornitore cinese.
Dopo i primi entusiastici risultati, al momento della partenza del del container si presenta un cinese che dice che la roba è sua. Non si può spedire.
“Ma come,” dissero le attonite vittime, “Questa è roba nostra!”
Il cinese con sinica flemma ripose: “Sarà anche roba vostra ma il marchio l’ho registrato io, quindi finché non lo dico io, questa roba da qui non si muove.”
Eh sì, cari lettori, l’azienda straniera non aveva registrato il marchio in Cina prima di iniziare le operazioni!
Non sapevano, i poveretti, che nel Celeste Impero c’è gente che vive facendo proprio questo tipo di operazione. Basta tenere le orecchie tese e trovare un grullo che abbia dimenticato questo passo fondamentale, e agire di conseguenza.
La legge cinese prevede che il proprietario del marchio abbia la facoltà di intervenire sulle spedizioni internazionali, quindi il gioco è fatto.
N.B. non è che questa gente sia “cattiva”: dal loro punto di vista esiste una falla nel sistema, e qualcuno che ha fatto lo sbaglio, quindi perché non approfittarne?
Tanto si sa, gli stranieri sono strapieni di soldi, vengono qui a sfruttare i poveri e onesti operai cinesi… cosa vogliamo fare, lasciare che si portino impunemente via il frutto di tanto onesto lavoro?
Non c’è niente da fare; ormai il marchio è perduto per sempre.
Non resta che cedere al ricatto accondiscendere alle ragionevoli condizioni del legittimo proprietario del marchio e acquistare dal furbo cinese una licenza per l’utilizzo DEL PROPRIO MARCHIO!
Da morire dalle risate!

industriali

E ora, dopo tanto tempo… un bel post lamentoso.
Anzi, una lettera, sì, scrivo una lettera.

Cari, carissimi sedicenti “industriali” italiani.
Sì lo so, le tasse, il costo del lavoro, le normative, so tutto, se ne è già ampiamente discusso per ogni dove, fino allo sfinimento.
Fattostà che avete delocalizzato. Siete andati all’estero. Siete andati in Cina.
Avete guadagnato, avete fatto i viaggi, le trasferte, i massaggi happy ending, eccetera, tutto regolare.
Però adesso, oggi, quello che prima facevate in Italia, non lo fate più.
E anche supponendo che voleste riprendere a farlo, non ne sareste più in grado. Non avete più le macchine, non avete più le competenze; i vostri fornitori italiani si sono a loro volta dispersi, come uccellini su albero dopo un colpo di fucile. Non li beccate più. Ciao ciao.
E intranto i cinesini, sorridenti, hanno continuato a dire di sì, sì, venite, portate, portate qua, facciamo tutto noi.
In pratica avete messo un bel fiocchetto rosso sulle vostre palle, le avete messe su un piatto d’argento e gliele avete regalate. Adesso le hanno loro. Vi tengono per le palle. E non sorridono più.
Vi svelo un segreto: loro lo sanno. Lo sanno benissimo che non ve ne potete più andare, non potete più tornare in Italia.
Sanno anche benissimo che non potete più cambiare fornitore, perché all’inizio ci sono stati anni di certificazioni e campioni, e voi quelle cose non le sapete più fare.
Le persone che hanno fatto quel lavoro se se sono andate. Ancora più importante, i soldi per rifare tutto il percorso con un altro fornitore non ce li avete: ve li siete mangiati tutti. E anche se lo trovaste, un altro fornitore, non avete i numeri per tenere il piede in due scarpe.
Quanto siete ridicoli quando ve ne uscite con i vostri strilli: “È un comportamento inaccettabile”, “Non possiamo attendere oltre”, “È inammissibile”; le ho sentite tutte, ormai.
Voi non avete idea delle grasse risate che si fanno tutti qui in Cina quando fate la voce grossa e battete i piedi come delle checche isteriche.
Guardatevi allo specchio: non avete nessunissimo potere, nessun argomento, nessuna motivazione per convincere qualcuno a fare qualsiasi cosa, qui.
E adesso, quando il cinesino stringe la mano che tiene le vostre palline, cosa fate?
Non potete azzardarvi a non pagare; il solo pensiero di quello che potrebbe succedere se il fornitore cinese iniziasse a guardarvi storto non vi fa dormire la notte.
Non potete dire che non manderete più ordini; non ci crede nessuno, nemmeno voi.
E allora zitti, stateve zitti, prendetevi tutto il ciarpame che vi scaricano addosso solo quando fa più comodo a loro, pagate, e dite pure grazie.
Non potete fare altro.

Transactions

Normal Person

Customer: “Yo buddy, give me a beer please!”
Normal person: “Here you are, it’s three bucks.”
Customer: “Thank you. Glub glub. I am very satisfied.”
Normal person: “Me too.”

 

Chinese Supplier

Customer: “Yo buddy, give me a beer please!”
Chinese supplier: “How much are you giving me?”
Customer: “It’s your beer dude, how much are you asking me?”
Chinese supplier: “Five thousands dollars.”
Customer: “That’s crazy, I’ll give you one buck.”
Chinese supplier: “OK.”
Customer: “So are you going to give me my beer or not?”
Chinese supplier: “I want 75% anticipated payment.”
Customer: “No sir, I’ll give you 30% now and 70% when I see the beer.”
Chinese supplier: “That’s a weird condition, never heard of. I have to consult with my director.”
Customer: “Please do so.”
Chinese supplier: (calls someone and blabbers for half an hour, taking notes and consulting various notebooks.)
Customer: “Everything OK?”
Chinese supplier: “I dialed the wrong number by mistake. I’ll try again.”
Customer: “OK.”
Chinese supplier: (more blabbering on the phone, taking notes)
Customer: “It’s OK now?”
Chinese supplier: “We can accept this weird payment terms as a token of friendship and will to long term cooperation.”
Customer: “Good! I’m thirsty!” (gives 0.30)
Chinese supplier: (does not move)
Customer: “So?”
Chinese supplier: “You didn’t tell me where you want the beer. I need detailed instructions to operate well and give a better service.”
Customer: “I want it in front of me.”
Chinese supplier: (does not move)
Customer: “Hi! My beer?”
Chinese supplier: “You didn’t tell me which hand do I have to use. I need detailed instructions to operate well and give a better service.”
Customer: “Use your right hand please, put the beer right here in front of me.”
Chinese supplier: (does nothing)
Customer: “What’s up?”
Chinese supplier: “You didn’t tell me when do you want the beer.”
Customer: “I want my beer within 10 seconds, you use your right hand and put it right here in front of me.”
Chinese supplier: (still nothing)
Customer: “Yo! Beer please!”
Chinese supplier: “You didn’t tell me when to start counting the seconds.”
Customer: “I want my beer within 10 seconds from this very moment, you use your right hand and put it right here in front of me.”
Chinese supplier: (nothing)
Customer: “Tell me.”
Chinese supplier: “There is no contract. I need an official contract, signed and stamped by both parties.”
Customer: “Here is your contract in two copies. Sign it and we’re done.”
Chinese supplier: (signs the contract)
Customer: “I’m here! Give me the beer!”
Chinese supplier: “There are still 4 seconds to go, it’s still early.”
Customer: (waits a little) “Time’s up buddy!”
Chinese supplier: “I have no beer.”
Customer: “Then go get some, I’ll wait.”
Chinese supplier: (disappears for some time)
Customer: “Did you get the beer?”
Chinese supplier: “It is not possible to have beer. Do you want some wine instead?”
Customer: “Better than nothing! Give me the wine.”
Chinese supplier: “I need another 10¢ to open the wine bottle.”
Customer: “Here’s your 10¢.”
Chinese supplier: (does not move)
Customer: “Where’s my wine?”
Chinese supplier: “The wine comes from a third party supplier who is having issues.”
Customer: “How long do we have to wait?”
Chinese supplier: “Impossible to tell.”
Customer: “Well you know what? I don’t want the wine anymore. Give me back my money.”
Chinese supplier: “Company policy forbids me to give money back.”
Customer: “So I gave you money and you gave me nothing?”
Chinese supplier: “You are going to have your product if you wait long enough.”
Customer: “But I am thirsty now! What am I supposed to do?”
Chinese supplier: “You can sue me.”
Customer: “For 40¢? Fuck you.”
Chinese supplier: “You are being unreasonable. I did my best and you insult me.”
Customer: “Yeah right, asshole.” (goes away)
Chinese supplier: (calls someone on the phone) “Good news! We made another 40¢ without actually doing nothing!”