Il primo ministro indiano Manmohan Singh ha da poco terminato la sua visita in Cina, dove ha incontrato il presidente Hu Jintao e il primo ministro Wen Jiabao.
Tra le grandi affermazioni di sviluppo armonioso e aiuto reciproco, sono stati siglati 11 accordi su ferrovie, abitatività, geologia, gestione delle risorse eccetera.
Traduzione: già adesso la Cina è il paese delle opportunità, in un mondo dove il dollaro è in caduta libera e dall’Italia c’è il fuggi-fuggi generale.
Wen Jiabao è un volpone, gira come una trottola in tutto il mondo a stringere accordi e pianificare strategie.
Mentre i nostri politici sono attivamente impegnati a far fallire l’italia, di recente Wen è stato in Europa (5 nazioni tra cui l’Italia), Africa (7 nazioni), America, Canada, in quasi tutte le nazioni dell’Asia tra cui Pakistan, Singapore, Uzbekistan e basta così perché ho i crampi alle dita.
Penso che in futuro sentiremo più spesso parlare di 中日印 (Zhōng Rì Yìn) abbreviazione di China, Giappone e India, i paesi emergenti dove c’è tutto da costruire e dove c’è spazio per chi vuole impegnarsi e mettersi alla prova.
Per una visione alternativa della situazione americana, consiglio caldamente la lettura di “Una paga da fame. Come (non) si arriva alla fine del mese nel paese più ricco del mondo”, di Barbara Ehrenreich.
Ma il Giappone non c’era la crisi?
Sì è vero, ma ormai la sigla 中日印 è diffusa così com’è.
A dirla tutta esiste anche solo 中印, ma si usa in un altro contesto: significa “sino-indiano”, è un po’ burocratese, viene adoperata nei titoli dei giornali come “I rapporti sino-indiani si intensificano”.