altruismo

Settimana scorsa tornando a casa dall’ufficio in macchina, il bus davanti a me ha inchiodato e ha sbandato di lato.
Ha fatto così per evitare una persona riversa in mezzo alla strada in una pozza di sangue. Di fianco, una bicicletta accartocciata.
La strada in questione è veramente molto pericolosa: stretta, molto trafficata, numerosi mezzi pesanti, zero illuminazione.
Nessuno si è fermato ad aiutare il poveraccio.
Essendo già stato indottrinato sull’argomento non mi sono fermato nemmeno io, ma ignorando gli strilli dei colleghi cinesi a cui stavo dando uno strappo mi sono fermato poco più avanti e li ho costretti a chiamare il 119.
Poi ho aspettato che arrivasse l’ambulanza, ed è arrivata dopo un solo minuto perché evidentemente qualcun altro aveva chiamato.
Perché non fermarsi?
Semplice: perché il ferito potrebbe accusare il soccorritore di avere causato l’incidente, per poi pretendere i danni.
Se chi si ferma fosse straniero, l’eventualità sarebbe certa, in vista di un maggiore guadagno. Purtroppo sono noti molti casi del genere.
Possibile? Per una questione di soldi si lascia la gente in mezzo alla strada? Non c’è proprio traccia di sentimenti umani?
Si leggono molte discussioni sulla spiritualità dei cinesi, anzi degli esseri umani in generale, e a proposito vorrei raccontare un aneddoto che magari c’entra poco però rende l’idea, e poi è molto che lo volevo scrivere, e infine il blog è mio e ci scrivo quello che mi pare e piace.
Correva l’anno 1993 e io ero nella Shanghai di allora, senza torre della televisione, senza metropolitana, senza 金茂大厦 (Jīnmào dàshà), e 南京路 (Nánjīng lù) non era pedonale.
Mi sento vecchio e canuto, è facile provare questa sensazione in una nazione che cambia faccia da un giorno con quell’altro, il 1993 è lontano e qui in 16 anni cambia tutto.
Comunque me ne stavo rilassato a godermi il ventilatore nella mia stanza del dormitorio quando all’improvviso entrò uno spilungone vestito pesante che mi tese la mano e mi si presentò in un inglese con pesantissimo accento francese.
Si chiamava Marc, era partito da Parigi ed era arrivato in Cina da un paio d’ore per inseguire il suo sogno di imparare il cinese e vivere la sua avventura.
Stringemmo immediatamente sodalizio e poco dopo venni a sapere che sull’aereo aveva conosciuto un altro francese a nome Oliver, il quale era partito dalla Francia con lo stesso suo proposito ma con un livello di organizzazione leggermente superiore, nel senso che aveva già una sistemazione e un corso di lingua prenotato.
Marc aveva dato i suoi bagagli ad Oliver con l’intenzione di riprenderseli non appena avesse trovato un posto letto.
Se non fosse che nel trambusto dell’arrivo e spostamento in città (non immediato come ai giorni nostri), il foglietto con l’indirizzo di Oliver era andato perduto.
Partimmo quindi per una Brancaleonesca ricerca durante la quale visitammo un buon numero di università, fino ad approdare al SISU, dove finalmente ritrovammo Oliver e le cose andarono a posto.
A parte la bella giornata e i bei ricordi che mi ha lasciato, l’avvenimento è degno di essere riportato in questo contesto perché poi a cena raccontai l’accaduto ad un amico cinese, il quale mi guardò perplesso e disse: “Si vede che sei cristiano.”
Al mio sguardo allucinato poi proseguì dicendo “Un cinese non avrebbe mai aiutato così uno sconosciuto.”
Cari lettori, rialzatevi dal pavimento e rimettevi i cappelli, perchè un’uscita come questa è perfettamente naturale in una società permeata dai dettami del Confucianesimo.
Non mi addentrerò in una discussione sull’argomento ma non posso fare a meno di citare la singola frase che ogni appassionato di Cina dovrebbe sapere (anche se non tutti i cinesi la conoscono):

君君、臣臣、父父、子子 (jūnjūn, chénchén, fùfù, zǐzǐ)

Wikipedia dice che una traduzione potrebbe essere

There is government, when the prince is prince, and the minister is minister; when the father is father, and the son is son.
(Analects XII, 11)

Questo riassume il concetto più importante della dottrina e cioè le relazioni tra le persone.
L’ordine nella società umana nasce dal rispetto delle gerarchie: ognuno al suo posto, e Confucio ci dice anche qual’è l’ordine di importanza:

  1. Tra governante e suddito
  2. Tra padre e figlio
  3. Marito e moglie
  4. Tra amici
  5. Tra fratelli

Come si vede non c’è traccia degli “altri”, quelli di “ama gli altri come te stesso”.
Tutto ciò non potrà certo aiutare quel poveraccio steso in mezzo alla strada che continuerò a vedere ogni volta che passerò di lì.
Spero però che il discorso possa aiutare a capire come la famiglia, che conta tre delle cinque relazioni fondamentali tra persone, sia tuttora il perno e fondamento della società cinese.
Aggiungiamo la forte competizione sociale tra gli individui ed ecco che la poca considerazione verso il prossimo non è più così inspiegabile.
Certo però che rivoltarsi contro il proprio soccorritore…

One thought on “altruismo”

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