26: locust

Vorrei iniziare una serie di post sull’argomento dei 三十六计, i “Trentasei stratagemmi”, una gemma di cultura classica che personalmente reputo di basilare importanza per chi lavora con la Cina.
Dico “basilare” nel senso che i 36 stratagemmi non vengono quasi mai citati direttamente, ma nei discorsi sono sempre presenti tra le righe, che si tratti di riunioni o trattative, o che si tratti di riuscire a spiegare il comportamento apparentemente incomprensibile di qualcuno.
In poche parole, fanno parte della cultura del Paese, anche se pochi li sanno recitare a memoria.
Tra l’altro ho notato che su internet non ci sono testi in italiano a riguardo, quindi ecco una ragione in più per mettersi al lavoro. Chiaramente se qualcuno invece trovasse del materiale, me lo faccia sapere!
Vista la frequenza dei miei post ci metterò un’eternità, ma come dicono i cinesi, 千里之行始于足下 (qiānlǐ zhī xíng shǐyú zúxià) “Un viaggio di mille miglia comincia con il primo passo”.
Per chi voglia portarsi avanti, posso consigliare qualche sito ben fatto:

Io incomincio con il numero 26, solo perché è uno dei miei preferiti.
Perchè ostinarsi a seguire l’ordine tradizionale?
In fondo questo è solo un blog, mica un trattato accademico.
Quando tra qualche anno avrò finito tutti i 36 post allora li metterò in ordine, promesso.
Quindi:

stratagem 26
Stratagemma 26


指桑骂槐 (zhǐsāngmàhuái) “Indicare il gelso e inveire contro l’acacia”

Sul dizionario questo stratagemma viene tradotto letteralmente come “reviling/ abusing the locust tree while pointing to the mulberry”, e più figurativamente come “Make oblique accusations; scold sb. indirectly”.
Attenzione a 槐 (huái), significa “locust tree” e non “locust” come si trova spesso scritto in giro.
Il “locust tree” è la comune acacia o robinia.
Questo stratagemma applicato nel suo contesto di strategia militare ci consiglia di risolvere una situazione complessa quale può essere un problema di disciplina tra le proprie truppe affermando la propria autorità tramite un atto spettacolare.
Qui sarebbe obbligatoria la storiellina del generale 韩信 (Hán Xìn) che per ristabilire l’ordine dalle sue truppe rimosse dall’incarico altri due generali… etc… etc… ma io personalmente di queste storie non ne posso più, per cui la evito.
Teniamo sempre presente che il contesto iniziale degli stratagemmi è la guerra, ma i ragionamenti sono applicabili alla vita di tutti i giorni. Quindi dove lo stratagemma dice “attaccare”, si può invece interpretare “avvertire”, “guidare” o “rimproverare”, in base alla situazione del momento.
Per fare un esempio, supponiamo di essere alla guida di un’azienda i cui operai siano in tumulto perché ritengono che l’azienda non presti abbastanza attenzione al benessere dei dipendenti.
Non si può mica andare a parlare con tutti uno per uno e farli ragionare… spiegare che un’azienda non è un asilo infantile, che non basta distribuire caramelle, che ci sono problemi più importanti da risolvere, livelli di qualità da rispettare, clienti da accontentare, certificati da ottenere, burocrazia, amicizie altolocate, etc…
Sarebbe impossibile!
Si può però per esempio sceglierne un paio che abbiano violato le regole di sicurezza sul lavoro e dar loro una bella sanzione diciplinare, con una circolare ufficiale che ricordi a tutti quanto è importante la sicurezza sul lavoro e quali sono i pericoli ai quali si va incontro se non si rispettano le regole.
In questo caso il problema da affrontare era troppo frammentato per occuparsi delle singole parti, e si è dovuto ricorrere ad una punizione esemplare al solo scopo di placare gli animi e trasferire l’attenzione generale su qualche altro problema.
Supponiamo invece di avere un locale che vende hamburger e volerci affermare sul mercato.
Potremmo fare una campagna pubblicitaria sul tema “La nostra carne viene solo da animali allevati in maniera organica! Le nostre bevande sono naturali, non ci sono conservanti! Non siamo una catena di negozi senza cuore!”
Ecco che ho indicato il mio nemico chiaramente, senza però farne il nome.
Oppure se sono un dipendente in un ufficio, e magari ho anche delle capacità, ma davanti a me c’è un capo ammanicato o un incapace figlio di papà, cosa posso fare?
Non posso certo accusarlo pubblicamente, perderei sicuramente.
Posso però analizzare la situazione e sfruttare qualche punto debole. Se il capo ammanicato fosse uso ad una certa pratica, per esempio scatti d’ira, potrei iniziare una campagna denigratoria tra i colleghi contro gli scatti d’ira in pubblico.
Morale, spesso ci si trova nella situazione di dover far fronte a situazioni che per una serie di ragioni non sono gestibili direttamente. Si si può allora partire alla lontana e agire su qualcosa di apparentemente scollegato ma che faccia capire dove sta veramente il problema.
Come dimenticare “The rising sun” e Sean Connery che sulla scena del delitto prendeva a schiaffi il giapponesino mentre il vero capo stava dietro al riparo?
Questo è un altro esempio da manuale.
Chi ha altri esempi da aggiungere?

6 thoughts on “26: locust”

    1. È quello che nel dialetto dei miei antenati viene chiamato un “descànta-baùchi”: un semplice artificio per attirare reazioni non appropriate e così scoprire gli elementi intellettualmente meno dotati.

  1. Fantastico. Attendo trepidante gli altri 35 capitoli.
    PS…te la cavi mica male col veneto (padovano, per la precisione)…potresti tendere “trappole” con svariati livelli di scorrettezza ad un cinese che studia l’italiano ;)

    1. Ti conviene non trattenere il respiro…
      p.p.s
      mio padre è veneto, quindi una certa dose di “cultura” è percolata anche nelle mie ossa.
      Però se dovessi fare delle trappole del genere ricorrerei al lombardo, che è il dialetto della mia zona di nascita.
      Cose tipo “urelòcc”, “freghǜi” o “scighera” sarebbero delle vere silver bullet!

  2. Credo che il concetto sia presente anche in italia, riassunto dal detto “parlare a nuora perche’ suocera intenda”.
    Di questi discorsi trasversali poi sono maestre le genti del suditalia dove il discorso apparentemente va in una direzione, ma i riferimenti simbolici portano altrove.
    Le neuroscienze poi ci vengono in soccorso dicendoci una cosa che i cinesi, ma credo ogni popolo del mondo, sapevano gia’, cioe’ che la comunicazione fra esseri umani e’ per il 90% non verbale, dove il contenuto emotivo ha molto piu’ peso rispetto a quello razionale. In pratica il “cosa” si dice ha molto meno peso del “come” si dice e molte volte il “come” ha il potere di ribaltare completamente il “cosa”.
    Attendo anch’io come altri il seguito, facendo lunghi respiri.

    P.S.
    Anch’io spesso confondo i miei interlocutori citando il misterioso Pedrioeu, per non parlare dei Magiostar e del Magutt e facendo il misterioso di fronte al “balabiott”.

    1. Caro Pilger: sono felice che la scienza venga in nostro soccorso, e mi sento sinceramente rassicurato.
      Però ti assicuro che quando sei tra le ganasce di qualche ispettore del governo, e questo sorridendo parla di apparenti quisquilie mentre sai che da qualche parte c’è una mina armata che è pronta a scoppiarti sotto la sedia… e non sai cos’è… non è una bella sensazione, né in Cina né in qualsiasi Sud.
      Devo ammettere che appena arrivato in Cina ero riluttante ad allacciare relazioni personali con questo tipo di persone.
      Me tapino! Mi sono reso conto in maniera abbastanza celere che nella situazione di cui sopra, se stai parlando con qualcuno che conosci un pochino, c’è almeno la speranza che siccome sei suo “amico” ti eviti una parte della tortura… e vada subito al sodo.

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