expats

Recentemente parlavo con un amico delle scelte di vita che avevamo fatto.
Anche lui vive in Cina, nella stessa mia città.
Più o meno l’argomento erano i progetti per il futuro, conseguenti timori e paure, etc…
Tra le altre cose è uscito anche il discorso dello shock culturale inverso, un fatto da considerare quando si decide di andare a vivere all’estero.
Penso che quanto emerso sia utile anche a chi mi chiede come si fa a venire a vivere in Cina.
La vera domanda da porsi prima di prendere una decisione del genere è: “Per quanto tempo?”
Personalmente io abito in Cina da quasi tre anni ormai, e devo dire che non ho mai preso seriamente in considerazione l’idea di tornare in Italia.
Ho compiuto sforzi titanici per imparare la lingua, e ho imparato cose che sono utili solo qui, quindi non avrebbe senso tornare.
Nota bene: è stato tutto intenzionale, parte di un progetto di vita che ora sta dando i suoi frutti.
Certo, mi manca l’Italia, ma qui sono a posto, famiglia e tutto.
Starò qui per sempre, magari cambierò lavoro passando da una azienda straniera ad un’altra.
Conosco gente che condivide questo stesso punto di vista, spesso chiamato “Cina per sempre”.
Qualcun altro ha fatto due anni in un Paese, poi tre in un altro, e così via per un sacco di tempo; questo è completamente diverso, non è “Cina per sempre” e non è questa la sede per parlarne.
C’è comunque un qualcosa che accadrà sicuramente a chi va all’estero per qualche anno e poi torna a casa: si sentirà spaesato.
Ho sempre pensato che un “expat” fosse qualcuno che ad un certo punto decide di vivere all’estero punto e basta. Quelli che vanno all’estero per un paio d’anni e poi tornano a casa sono qualcos’altro, come dire? “Expat temporanei”?
Detto questo, vorrei puntualizzare che chiaramente le ragioni e le aspettative di un expat temporaneo sono diverse da quelle di uno a lungo termine, però a me sembra logico che se uno va all’estero per un periodo e poi torna a casa, c’è da aspettarsi che sia necessario fare un po’ il punto della situazione.
Morale: prima di scapicollarsi all’estero, bisogna pensare anche al dopo, o quanto meno mettere in conto certi fatti fin dall’inizio.
È un dato di fatto che le persone cambiano con l’esperienza; quando uno vive all’estero la sua personalità si allontana da quella delle persone che sono rimaste a casa proprio perché le esperienze sono differenti.
Bisogna considerare a cosa può accadere alla propria vita privata, nel bene e nel male.
Una volta tornati dall’assignment, se si è americani ci si può aspettare corsi di aggiornamento per expat o qualcosa del genere proprio per evitare questo tipo di shock.
Se si è italiani, campa cavallo… sei già fortunato se l’azienda dove lavoravi esiste ancora.

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